CALCIO E FORMULA 1 QUANDO A PARLARNE È UNA DONNA. Intervista a Valeria Biotti per la rivista Confartigianato - Dicembre 2020 pag. 10-11-12
15 Gennaio 2021

Intervista a Valeria Biotti, autorevole voce nel mondo sportivo, autrice di "Ayrton Senna" e "Le leggende della Roma".

Valeria Biotti è una giornalista e scrittrice appassionata. Il suo lavoro l’ha portata a ricevere riconoscimenti importanti: in termini d’affetto da parte del pubblico - la sua trasmissione radiofonica vince da anni il Microfono d’Oro nella sezione “approfondimento sportivo” - e ora anche in ambito letterario. Nel settembre scorso, infatti, ha ricevuto la Castagna d’oro a Soriano nel Cimino per il suo libro Ayrton Senna. Un dio immortale alla ricerca della felicità nell’ambito del Premio Calabrese dedicato al giornalismo sportivo.

Valeria,diventare una giornalista sportiva era il tuo sogno?

Farebbe tanta figura se rispondessi di sì e raccontassi di una scalata epica contro tutto e tutti, ma non sarebbe la verità. La realtà, oggi, è che una donna che si occupa di automobilismo e di calcio non fa più notizia; finalmente, vorrei aggiungere. La genesi del mio percorso è stata casuale quanto inevitabile. Guardavo i Gran Premi in tv la domenica con mio padre, seguivo le partite del Milan di Sacchi di cui lui era tifoso. Poi, però, per strada, giocavo in mezzo ad una selva di giovani romanisti: ho deciso in fretta, sarei diventata Bruno Conti.

Fatto sta che, per i casi della vita, invece della scuola calcio ho fatto le medie dalle suore, il Liceo Classico e ho preso una Laurea in Sociologia. Presto la dimensione  del  racconto ha preso il sopravvento su quella dell’esercizio attivo dello sport.

Qual è stata la tua primaesperienza in questo mondo?

Tutto è partito dalla Radio. Ero ospite una volta

alla settimana in una trasmissione serale su Radio Città Futura, dall’amico Piji Siciliani, grande cantautore e appassionato di mille e più argomenti. Facevamo il commento allegro e scanzonato delle partite dei mondiali. Fui notata da uno speaker di Radio Rock e poi portata a Elleradio, da Ezio Luzzi. In teoria avrei dovuto fare una trasmissione di intrattenimento, in pratica mi ritrovai anche a fare la seconda voce di uno dei mostri sacri di Tutto il Calcio Minuto per Minuto.

In radio - Retesport 104.2 FM - e sul Corriere dello Sport parli, infatti, di calcio. Come ti sei formata per diventare una professionista in un mondo che per tanto tempo è stato terreno prettamente maschile?

In passato era un mondo maschile perché l’educazione di genere interveniva anche ad

indirizzare le passioni dei bambini. Io a scuola ero abbastanza atipica: non giocavo “a mamma e figlia” ma a pallone con i maschi. Ero brava, avevo visione di gioco ed ero ambidestra. Ero più popolare tra i maschi che tra le femmine.

Ho sviluppato con naturalezza la passione che anima i cronisti di oggi: sono stata tifosa fin da subito. Tanto più che preferisco ancora oggi andare allo stadio al mio solito posto in Distinti Sud. La Tribuna Stampa mi toglie divertimento e libertà di vivere visceralmente la partita.

Poi, certo, ho studiato. Da giornalista e non solo. I concetti si evolvono: va conosciuta la storia ma anche arpionata la cronaca. C’è tantissimo da leggere. Io, ad esempio, devo seguire anche il calcio estero, ma amo molto il nostro calcio tattico. Amo le geometrie, i confini e le regole. Regole che i campioni assoluti, poi, sanno quando applicare ad occhi chiusi, ma anche come trasgredire. Il trucco è sempre la passione: se ami uno sport, vai in crisi d’astinenza senza 5/6/7 partite a settimana. Ma c’è anche tanta letteratura d’emozione: le grandi epopee degli sportivi, le biografie, romanzi surreali di sport che raccontano epoche intere.

La discriminazione di genere nello sport è un argomento di cui si discute da  anni: per le atlete solo da poco si sono visti interventi a livello legislativo che puntano a superare la differenza tra i sessi. Anche nel giornalismo sportivo esiste il problema: sono ancora poche le donne che rivestono ruoli determinanti nei media. A te è capitata qualche forma di discriminazione nell’ambito professionale?

Credo che i due discorsi procedano su binari  a scartamento differente. Che si riconosca uno sport maschile come attività professionistica e il suo omologo femminile come dilettantistica solo perché generano fatturati differenti è un’autentica negazione dei principi dello sport. Non consentire alle atlete lo sport come attività principale, tra le altre cose, le costringe ad una realtà da dopolavoriste, le condanna ad un vero

e proprio funambolismo di vita. E, sicuramente, limita pesantemente anche le loro performance. Per quanto riguarda il mio campo, invece, il discorso è meno evidente, più strisciante. Le donne sono state ammesse nel mondo del  calcio ma, nella maggior parte dei casi, non

“al tavolo dei tecnici” quanto a quello dei presentatori. Devo dire, però, che si stanno facendo dei passi in questo senso. I giornali, ad esempio, hanno croniste donne molto in gamba. Se tutto andrà per il verso giusto, le prossime generazioni vedranno crescerne le percentuali. Ma come in ogni mondo ad

appannaggio maschile e in cui la competizione viene interpretata secondo la chiave di genere ci sarà sempre qualcuno che si permette di ipotizzare che tu sia lì per qualche motivo che esula dalle tue capacità professionali.

Le proposte poco chiare arrivano, è un dato di fatto. Ma basta dire no. Anzi, non basta, ma sicuramente è il primo passo. Se si è in gamba, qualche persona seria se ne accorge. Per me al Corriere dello Sport è stato così: 4 minuti di colloquio, mi è stato chiesto di scrivere un pezzo e il giorno dopo ho firmato il contratto. Era Piaciuto.

Dal Calcio alla Formula 1: perché un libro su Senna?

Per una fortunata coincidenza. Diarkos editore voleva fare questo libro a ogni costo e lo aveva proposto ad un giornalista autorevole del “giornale concorrente”: la Gazzetta. Lui ha declinato per troppi impegni, ma ha dovuto indicare una penna adatta a raccogliere la sfida. Ha fatto il mio nome.

Ho amato Senna fin da bambina. E poterlo raccontare in una chiave particolare, con monologhi quasi teatrali, dando voce - letteralmente - a momenti o a figure poco note che lo hanno vissuto e attraversato è stato un enorme privilegio. I lettori di F1 non sono sessisti, a quanto pare. Hanno accolto il libro con enorme entusiasmo e, grazie a loro, il “mio Senna” sta facendo numeri davvero importanti. D’altra parte, anche al di fuori del nostro Paese, grandi giornaliste esperte di F1 esistono già da tempo: gli appassionati italiani si sono dimostrati all’altezza di un mondo ormai decisamente transnazionale.

Che significato ha per te il riconoscimento ottenuto al Premio Calabrese?

È stata un’emozione incredibile. È un premio con una Storia importante, intitolato ad un gigante del Giornalismo. Sono entrata in mezzo a nomi decisamente più illustri di me, di questo sono molto consapevole. Ho ritirato il premio considerandolo, più che un riconoscimento per quanto fatto, come un impegno per il futuro.

Ogni giorno, in ogni articolo, ogni blocco radiofonico, ogni libro immaginato e scritto, sono chiamata ad esserne all’altezza. È un Premio alla carriera dato con largo anticipo: voglio meritarlo in ogni istante.

Com’è organizzata la tua settimana lavorativa?

Oltre a parlarne, pratichi uno sport nel tempo libero?

Lavoro pressoché sempre. Forse troppo. Ma in questo momento mi sembra la più grande delle fortune. Mi diverte, mi nutre. Certo,  mi stanca fisicamente e mentalmente, alla lunga, ma ho le mie parentesi solitarie che mi rimettono al mondo. Pochi, pochissimi amici stretti, il gruppo con cui faccio musica in giro per locali, il nuoto, la lettura, una PiccolaGàtto (si chiama così) che mi insegna molto sullo  stare al mondo, il mio terrazzo.

Sei anche una grande  viaggiatrice: hai mai pensato di scrivere su questo?

I racconti di viaggio sono un genere alquanto complicato e con regole precise, complesse. Ma, in linea generale, forse in viaggio è l’unico momento in cui non lavoro affatto. Mi ritaglio intere parentesi di settimane, viaggi anche da 21/23 giorni. Mi concedo un altrove in cui il flusso delle informazioni e delle immagini non è da dentro di me a fuori, sulla pagina, ma esclusivamente nell’altro senso.

Letteralmente bevo e divoro tutto ciò che ho intorno, me ne lascio investire, in libertà.

Progetti per il futuro?

Ci sono in cantiere nuovi libri?

In questi giorni esce in libreria “Le leggende della Roma”, sempre con Diarkos Editore.

È un percorso delle emozioni attraverso 30 campioni, dalla prima Roma di Testaccio fino a Totti e De Rossi. Pochi numeri e molte immagini particolari. Un libro per certi versi atipico - guarda un po’ - per i tifosi della Roma da parte   di una di loro, una tra tanti. È dedicato ai due amici-fratelli che mi hanno tenuta per mano quando mi sono arrampicata per la prima

volta su per i gradini dello Stadio Olimpico, quando ho visto, come una folgorazione, dal vivo la Curva Sud. E poi ho iniziato un progetto di tutt’altro genere. La sfida è pari a quella di Senna: sto delineando un racconto fuori dagli schemi su un personaggio di cui si è già scritto molto. Ma ci sono casi in cui il “come” fa tutta la differenza del mondo, più dello stesso “cosa”. E credo sia il caso di Frida Kahlo.

Nel 2022 poi vorrei sentirmi matura per un romanzo. Ma da qui ad allora… chissà.