Giulio Levi racconta come è stato rivoluzionato il modo di scrivere La straordinaria storia della penna a sfera su La Voce quotidiano del 14/03/2021
15 Marzo 2021

 La leggenda narra che l’idea di costruire una penna formata da una sfera metallica inserita sulla punta di un contenitore dal quale riceveva l’inchiostro, sarebbe venuta all’inventore e giornalista ungherese Làszlò Jòzsef Birò (1899-1985) - considerato il più grande inventore ndell’Argentina, Paese dove ha realizzato la sua penna e altre importanti invenzioni come quelle relative all’arricchimento dell’uranio e alla separazione degli isotopi - scrive Giulio Levi nel suo ultimo libro “La straordinaria storia della penna a sfera. Da Làszlò Birò all’impero Bic” (Diarkos Editore, pag. 134, Euro 12,00), che “osservando alcuni bambini che giocavano con delle biglie per la strada notò che queste, dopo aver rotolato attraverso una pozzanghera fangosa, lasciavano dietro di sé una riga di fango”. Vera o falsa che sia questa storia, quello che è certo che oggi “un tubicino esagonale di plastica trasparente, con dentro un altro tubicino di plastica pieno di un liquido pastoso, nero o di altro colore, sulla cui estremità è infilato un piccolo cono di ottone sul cui apice è incastonata una piccolissima sferetta di metallo che, fatta scorrere su un foglio di carta, lascia una traccia che non macchia perché si asciuga subito”, ha velocemente soppiantato e mandato in soffitta pennini, bottigliette di inchiostro e carta assorbente, diventati raffinati strumenti di scrittura per calligrafi sconosciuti ai nati nel terzo millennio, e penne stilografiche divenute oggetto da collezione per gli amanti della scrittura della quale intendono assaporare il gusto del suono del raschiare del pennino sul foglio di carta. Ci sono voluti quasi 20 anni di lavoro, di fallimenti, di sofferenze, di procedimenti legali, ricorda Giulio Levi nella sua approfondita ricostruzione di tutti gli episodi che hanno portato alla realizzazione di “un oggetto che ha rivoluzionato il modo di scrivere e la nostra vita quotidiana”, per arrivare dai primi tentativi di Birò di usare una sferetta al posto di un pennino alle attuali penne a sfera, dal quale hanno preso il nome, e alla loro diffusione grazie alla produzione della Bic, nome derivato dall’abbreviazione del nome del barone di origine torinese Marcel Bich (1914-1994) fondatore della omonima azienda francese. Il 15 giugno 1938 Birò depositò in Gran Bretagna il brevetto della sua penna sviluppato insieme al fratello György, dentista e chimico, la cui innovazione, rispetto ai numerosi brevetti depositati dalla fine dell’800 in tutto il mondo (il primo è quello registrato il 30 ottobre 1888 dal conciatore di pelli John J. Loud), era la combinazione di un inchiostro ad alta viscosità con un meccanismo a sfera che agivano in modo da evitare che l'inchiostro si asciugasse all'interno del serbatoio, consentendo così un flusso più controllato. Nel 1941 i fratelli Bíró, ebrei, fuggirono dall'Europa insieme all’amico Juan Jorge Meyne, e si trasferirono in Argentina, dove fondarono la “Bírós Pen of Argentina” e nel 1943 depositarono il brevetto di una penna a sfera ancora oggi chiamata in Argentina “Birome” (dai nomi di Bíró e Meyne).
La fortuna delle nuove penne a sfera fu determinata dall’acquisto delle “biro”, così vennero chiamate, dagli inglesi per gli equipaggi della Royal Air Force (l’aviazione militare) in quanto più versatili delle penne stilografiche, soggette a perdite di inchiostro soprattutto in alta quota. Ma la diffusione planetaria delle penne a sfera si deve alla Bich che, acquisita nel 1943 la licenza per la produzione e vendita delle penne previste dai brevetti detenuti nelle varie parti del mondo da Birò, nel 1965, superando l’ostruzionismo “all’uso della penna a sfera a scuola da parte dei vecchi insegnanti”, riuscì ad ottenerne dal Ministero della Pubblica Istruzione francese l’uso a scuola. “Con la diffusione tra i giovani studenti la penna a sfera entrò in tutte le famiglie, e poi negli uffici e nelle banche che prima ne avevano vietato l’uso. Non solo in Francia, ma a poco a poco in tutto il mondo”.
Vittorio Esposito