Warhol, il «Raffaello dell’arte del ‘900». Il libro di Enrico Pitzianti su La Voce e il Tempo n. 28
8 Luglio 2021

Defi nito il«Raffaello dell’arte contemporanea
», Andy Warhol continua a essere un caso,
un personaggio per molti versi «altro», all’interno
del magmatico e spesso impenetrabile
universo dell’arte della seconda metà del Novecento.
Lo sa bene Enrico Pitzianti, che con
il suo recente libro «Andy Warhol. Inchiesta
sul re della Pop art» (Diarkos), esplora la «galassia
Warhol», proponendo pagine di grande
interesse, sia per il trattamento descrittivo dei
materiali biografi ci, sia per la cura dedicata
alla poetica del singolare artista.
Warhol, ha saputo trasferire il fare arte nell’essere
arte: un’operazione che per quanto ostentata,
enfatizzata, miticizzata, rimane comunque la sua
creazione più rilevante.
Geniale costruttore di ovvietà, destinate attraverso
il gioco della provocazione o dello sberleffo
ad acquisire una loro tangibile originalità,
Warhol ha avuto tutta una serie di personalità
creative, che l’hanno condotto a indagare campi
anche molto lontani, ma destinati, secondo
una non comune capacità orchestrazione, a
confi gurarsi all’interno di una sola traiettoria
artistica e umana.
Sul piano umano è infatti emblematica la creazione
della Factory, sorta di comune e di laboratorio
consacrato alla sperimentazione estetica, che è
stata la cornice vivente in cui Warhol ha via via
costruito l’opera più emblematica e veramente
artistica: la sua vita.
Moltissimo è stato detto e scritto: aggiungere
nuove ipotesi e suggerire chiavi di lettura alternative
intorno al lavoro di questo direttore d’orchestra
della consuetudine, anche solo rivolgendosi
all’attività pittorica, è diffi cile, ma Pitzianti ne è
stato capace.
Questo alchimista dell’apparenza ha saputo coagulare
nella sua produzione molteplici elementi
che hanno segnato e caratterizzato la rifl essione
estetica della seconda parte del Novecento. L’annullamento
dell’unicità, il multiforme universo
della pubblicità, la trasfi gurazione, all’interno del
linguaggio dell’arte, delle inquietudini e delle
schizofrenie moderne, sono alcuni dei leitmotiv
che hanno alimentato la ricerca instancabile e
onnivora di Warhol.
Nelle sue ripetute «Marilyn», o nella reiterata
esaltazione di un semplice oggetto come una
bottiglia di Coca Cola, nelle scatole di detersivo
trasformate in scultura, sono evidenti, neanche
tanto sottotraccia, molti dei temi che hanno condotto
agli artisti a interrogarsi sul loro ruolo, e
soprattutto sull’effettivo valore dei mezzi tecnici a
disposizione.
Le opere di Warhol sono icone di un mondo
che scombina i parametri della realtà, vivendo
di fascinazioni comprensibili spesso solo a chi
possiede la capacità di andare oltre l’apparenza.
Indicative le serigrafi e «fuori registro», che
non sono un’esaltazione del brutto o dell’imperfetto,
ma una evidente indicazione di come
la costruzione grafi ca e geometrica possa,
malignamente, essere l’artefi ce di nuove soluzioni
antropologiche che sottolineano, ancora,
la necessità di scorgere il vero oltre l’artifi cio
dell’illusione narrata dalla forma.
Non solo i divi e i protagonisti della storia sono
diventati soggetti per la ripetizione esasperata, eppure
sempre diversa, che ha segnato il linguaggio
di Warhol: la «Venere» di Botticelli o le «Muse
inquietanti» di De Chirico, hanno guadagnato il
loro spazio nel museo immaginario dell’artista di
Pittsburgh.
Massimo CENTINI
Il libro
E. Pitzianti
Andy Warhol. Inchiesta sul re della Pop Art
Diarkos, pp. 323, euro 20