Le leggende della scherma.Una pedana. Un affondo, una stoccata. Il fascino di uno sport ricco di eleganza e tradizione. Agilità, velocità, riflessi pronti. Su Distantimaunite
7 Ottobre 2021

La scherma è una delle discipline sportive più antiche. Un secolo e più di orgoglio nazionale. Tra record assoluti, medaglie, imprese individuali e collettive. 

A mettere nero su bianco questi oltre cento anni di storia ci ha pensato il giornalista del Corriere dello Sport Fabio Massimo Splendore, autore del libro Le leggende della scherma, edito da Diarkos.

Questa avventura è figlia di due spinte emotive: evasione e passione. Evasione non per fuggire, ma come moto di curiosità verso qualcosa di diverso dal calcio, che frequento da trent’anni. E passione. Ereditata dai miei figli, Davide e Maya, schermidori, meglio, sciabolatori quindicenni nel Gruppo Sportivo delle Fiamme Oro. In qualche modo ho voluto svelare anche a loro, oltre che a me stesso, quanti trionfi contenesse il loro sport.

La parte più affascinante del lavoro è stata quella di ricerca sui campioni e le campionesse della prima metà del Novecento. Ho parlato di tutto questo con Diarkos, la casa editrice, mi sono fatto un po’ “spingere” da colleghi e colleghe dai quali ho preso il coraggio nel mettermi a scrivere un libro, qualcosa che mi aveva stuzzicato ma mai tanto dal cominciare davvero.

Sai quando ti dicono “ma dai, ma perché no? ma invece è perfetto per te, su che ce la fai”… Bene, ce l’ho fatta.

E allora eccolo Fabio intraprendere un viaggio approfondito e articolato attraverso le glorie della scherma, armato della sua penna, anzi del suo computer. A caccia di aneddoti, curiosità, ma soprattutto emozioni.

Mi hanno colpito le storie e mi hanno colpito i personaggi, non solo i campioni e le campionesse, ma anche alcuni familiari delle stelle della prima metà del Novecento.

Da Stefano Gaudini, il terzo figlio di Giulio, campione olimpico romano, incontrato nella sua macchina a Monterosi, un paesino vicino Roma, e i suoi ricordi da figlio che il papà lo aveva “conosciuto” dopo, attraverso foto e ricordi (Giulio morì poco dopo la sua nascita).

Carola Mangiarotti, anche lei schermitrice, ma in questo caso intervistata da figlia di Edoardo, il campione olimpico più medagliato di sempre. Con la sua disponibilità e l’affetto con cui mi ha ringraziato quando ha letto il ritratto del papà.

E poi le “Leggende”: Irene Camber, per esempio. Un’emozione straordinaria parlarle via skype. Lei novantacinquenne, ma con due occhi vispi capaci di comunicare tanto.

Mi è piaciuto raccontare anche Valentina Vezzali, soprattutto attraverso le vittorie arrivate dopo momenti dolorosi, perché sono quelle che valgono di più.

Scelgo però una storia su tutte da segnalarvi: quella di Andrea Pellegrini, star paralimpica. Lui che a 19 anni perde una gamba scivolando da un treno. E che da quel dramma, dopo il buio, trova la luce attraverso la scherma in carrozzina. E dà il suo messaggio di speranza con una potenza straordinaria.

In questa foto in alto ci sono anche io. In mezzo a due campioni. E, al di là dell’apparenza, non pratico scherma. Ma sono una grande appassionata e tifosa. Subisco il fascino di questa disciplina antica eppure dallo charme sempre attuale.

Ho avuto la fortuna di conoscere da vicino alcuni degli atleti più forti delle attuali nazionali azzurre. Ho avuto il privilegio di salire in pedana con loro per scoprire tecniche e segreti delle loro arme.

Sciabola, fioretto, spada. Movimenti, sguardi, posizioni. Fatica e sudore. Preparazione fisica e mentale. Concentrazione e determinazione.

Lo scherma è uno sport che si alimenta e si coltiva in palestre che trasudano passione ed entusiasmo. Ogni giorno dell’anno. Questo è un libro che appartiene a loro così come a tutti coloro, appassionati della prima o dell’ultima ora, che hanno voglia di saperne di più su quello che è considerato, numeri alla mano, lo sport olimpico italiano per eccellenza.

Il libro vuole essere uno spazio aperto in cui ci si può inoltrare per conoscere la storia di questo sport. Ma con tutte quelle medaglie che contiene può ardire anche ad essere uno spot per la scherma, che è il primo sport olimpico con le sue 130 medaglie.

Per spiegare bene a chi è rivolto il libro racconto questo aneddoto: mi scrive un tecnico e mi dice che “la copertina non è ineccepibile, non è scolastica”. Se andiamo a vedere nel dettaglio è davvero così, ma è in quelle imperfezioni che io ci ho letto proprio il senso che volevo avesse il libro: una scherma per tutti, dove magari non hai addosso l’elettrico, non c’è una pedana.

Per una regola di Diarkos, la copertina la sceglie l’editore e non vi nascondo che sentirsi così in sintonia sul messaggio da dare, anche a distanza, mi ha dato una carica ulteriore. Il messaggio è: “fate scherma come capita, iniziate anche in strada”. É un po’ un sogno, lo so. Ma questo sport insegna a scegliere, a non sottrarsi. “La pedana è la vita” non è una frase fatta. Dentro questo messaggio c’è il perché ho chiesto a Irene Vecchi di scrivere la prefazione. Perché è un esempio di ragazza, atleta olimpica, che avvicina la gente alla scherma con la sua semplicità e i suoi successi. Sono stato felicissimo di avere Irene con me in questa avventura e la disponibilità, in fase preolimpica, non la dimenticherò mai.

Somiglia molto a un sogno a occhi aperti il percorso di questo libro, che racconta le leggende della scherma in oltre un secolo di storia, di pedane, di medaglie, di Olimpiadi

irene vecchi

Gli aneddoti nel libro si rincorrono. Personaggi, storie, che si intrecciano per ricamare un tessuto narrativo affascinante, che travalica i risultati per concentrarsi sugli aspetti emotivi ed umani. E su quei piccoli grandi episodi che nella vita possono fare la differenza, indicare strade, tratteggiare destini che non ti aspetti.

Da Mauro Numa, che i genitori mandano a fare scherma su consiglio dei vicini, per evitare che continui a spaccare le finestre di casa con i sassi. Alla mamma di Irene Camber che scopre la scherma infilando la porta “sbagliata” della palestra. Passando per il tendine di Diana Bianchedi che salta ad Atlanta e lei che guarda i medici attoniti e dice “Fasciatemelo, continuo a tirare”, per finire quell’assalto da 7-7 a 15-10 contro la stordita Wang. E leggetevi che personaggio era il romano Giulio Gaudini: colorito nelle espressioni, guascone nei modi e fortissimo, un Totti della scherma dei primi Novecento.

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