Un libro di Alberto Manassero riporta i lettori ai tempi del "Campo Torino" quando era la culla di Capitan Valentino e compagni
2 Ottobre 2019

Quando qualcuno lo fa, sembra scontato. Era li, sotto gli occhi di tutti.

Però nessuno ci era arrivato prima di lui, quindi chi ci è arrivato prima degli altri, è un genio.

Nello specifico, il genio che ha scoperto l’acqua calda, che poi tanto acqua calda non è, si chiama Alberto Manassero, giornalista di lungo corso al Tuttosport e granata di provata Fede, non so in che ordine, forse quello inverso rispetto a quanto scritto da me.

Nel suo libro, che è stato presentato in anteprima al Museo del Grande Torino, ha avuto la folgorante intuizione di far raccontare il Grande Torino dal Tempio dove gli Immortali diedero il meglio di se e scrissero a indelebili caratteri di sangue la Leggenda.

D'altronde chi meglio del “Campo Torino, meglio conosciuto come Filadelfia, per gli amici Fila, che ai bei tempi aveva anche il soprannome di Fossa dei Leoni”, come scrive Alberto, poteva raccontare le vicissitudini sportive ed umane di una squadra unica al mondo?

Il Tempio, oltre che luogo dove i sacerdoti celebrano la liturgia e i fedeli si riuniscono per parteciparvi, è anche il mezzo con cui le religioni offrono ai popoli i loro misteri e celebrano le proprie grandezze.

Se è lecito domandarsi se la cristianità senza la basilica di San Pietro avrebbe avuto la stessa grandezza che ha oggi, è altrettanto lecito chiedersi se sarebbe esistito un Grande Torino senza il Filadelfia a fargli da culla.

Probabilmente no, o almeno sarebbe stato un Torino un po' meno Grande di quello che è stato, perché la sacralità del luogo e l'energia che, tramite l'afflato di mille e mille cuori che all'unisono lo spingevano avanti, verso traguardi impossibili, hanno contribuito a renderlo tale.

Questo assunto, inciso nelle pietre delle sue gradinate, nel legno elle sue tribune, lo ha perfettamente colto Manassero.

Alberto, come me, visto che solo un anno separa le nostre nascite, è figlio di quella fortunata generazione che, non avendo i “Friday for Future”, si ritrovava ai “Thursday for Fila”, per assistere alla partitella infrasettimanale dei granata, prima di Giagnoni (accompagnati da qualche parente) e poi di Radice (da soli, magari tagliando da scuola).

Questa generazione ha avuto la fortuna di respirare ancora, tra le sacre mura del Fila, quell’atmosfera magica che stava “tra la terra ed il cielo” di Shakespeariana memoria e che nutriva l'anima, dandole la forza di gettare il cuore oltre l'ostacolo.

Fino a ieri, per riassaporare un po' di quell’atmosfera ci erano rimasti pochi luoghi. Superga, il cippo di Meroni, il Museo.

Oggi ci sono anche le pagine del suo libro, in cui tuffarsi a capofitto e lasciarsi travolgere dall’impetuosa corrente dei ricordi e dei sentimenti che lui ha così sapientemente evocato.

In attesa che anche il nuovo Filadelfia assimili quello spirito, che rese magico il precedente impianto e trascinò la squadra che ospitava a traguardi impensabili.

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http://www.torinoggi.it/2019/10/02/leggi-notizia/argomenti/attualita-8/articolo/il-fila-racconta.html