Antonio Bacciocchi Soul. La musica dell'anima - Books Highway
6 Maggio 2022

Giornalista e musicista, Antonio Bacciocchi si è fatto apprezzare per Ray Charles – Il genio senza tempo (2017) e soprattutto per Gil Scott-Heron. Il Bob Dylan nero (2018), artista a cui dedica questo nuovo libro e un paio di capitoli.

SOUL
. Titolo in evidenza nella bella copertina. Un “genere” fondamentale che, a partire dalla fine '50 e primissimi '60, si è diffuso ampiamente e ha continuato a influenzare sia l'arte compositiva che quella interpretativa, vocale e strumentale. Musica nera per eccellenza - per niente semplice da circoscrivere e narrare attraverso i suoi interpreti, autori, musicisti, produttori, labels -, ha le sue radici più dirette nel gospel e si magnifica soprattutto in forma di ballad. Nel corso del tempo, hanno contribuito affluenti “profani”, non solo afroamericani (blues e dintorni), country compreso, con ottimi esempi, qui trattati anche in una pagina specifica.

Peter Guralnick – studioso citato anche dall'autore del libro -, nel suo fondamentale Soul Music (Arcana, 1987) dice: “...quando parlo di musica soul, non mi riferisco alla Motown, che si rivolge in misura assai maggiore a un pubblico pop, bianco. Mi riferisco a un genere di musica basata sul gospel e ricca di emozionalità che si è sviluppata sulla scia del successo di Ray Charles dal 1954 circa in avanti...”.

Impossibile porre rigorosi confini tematici, ma qualsivoglia etichetta-definizione serve anche a mettere un po' d'ordine: se le vogliamo utilizzare, vanno rispettate. Bacciocchi ne fa una storia più allargata, coinvolgendo varie altre fonti e proprio anche il “Motown sound”. Affronta origini, evoluzione, ramificazioni in omaggio pure a personaggi e “stili” che, magari del soul ne rispecchiano qualche intento e/o sfumatura, ma non necessariamente rientrano nella “definizione specifica”. Sebbene con passaggi e considerazioni apprezzabili, nel volere racchiudere tutte le propaggini del genere, in alcune parti il testo lascia fuori fuoco o sospese alcune delle immagini “più pertinenti”, nonché il linguaggio specifico (pure nell'uso alternato di “nero” e “di colore”, ndr). Tanto per citare alcuni nomi irrinunciabili nella storia del soul, non poco qui eludono la definizione data dallo studioso americano, trascurando o solo accennando a figure variamente importanti quali James Carr, Solomon Burke, Etta James, Laura Lee, Spencer Wiggins, Candi Staton, Howard Tate, Linda Jones, Mighty Sam McClain, fino al bianco Eddie Hinton... Così è anche per produttori e autori, tra cui Bert Berns, Dan Penn, Jerry Ragovoy, e brani-simbolo quali I've Been Loving You Too Long di Otis Redding.

Qua e là alcuni errori o refusi. L'inesattezza di non pochi nomi, tra cui quelli di Edwin Starr, Jerry Leiber, Don Covay; di titoli di brani, tra i quali Time Has Come Today dei Chambers Brothers e The Harder They Come di Jimmy Cliff; altri di carattere diversamente storico: Jackie Wilson non è stato componente dei Falcons; Respect di Aretha Franklin non venne registrato agli “studi Muscle Shoals” – che di fatto sono i “Fame Studios”, a Muscle Shoals, Alabama -, ma in quelli dell'Atlantic, a New York. Detto ciò, quello di Bacciocchi è un approccio interessante, anche intrigante in alcune inclusioni, come la novantina di pagine intitolata “Contaminations”, in cui analizza vari generi e sottogeneri (Philly Sound, Latin Soul, Soul Jazz, Northern Soul, Disco Music, fra questi). Non stabilendo “rigorosi confini”, offre una vasta gamma di informazioni e collegamenti, alcuni in vario modo meritevoli d'attenzione, quali le parti dedicate ai vari Betty Davis, Amy Winehouse, Charles Bradley, Jackie Shane, Vickie Jones e la sua “drammatica somiglianza” con Aretha. Altre decine di nomi scorrono quali affluenti di un fiume.

Tra gli inclusi nella classificazione soul, un bel capitolo è dedicato a Nina Simone - che pur non amava essere etichettata con un genere specifico -, sebbene anche con qualche riga “confusa”, intorno al suo primo album e il milione di copie vendute di My Baby Just Cares For Me (nel '58?). Più in tema altre pagine, come quelle riguardanti Ray Charles e Sam Cooke, e quelle dedicate a James Brown e Joe Tex, che raccontano della loro rivalità, non solo artistica. Incisivo e commovente il capitolo “Malik Al Nasir e Gil-Scott Heron” dove, come in altri tratti, “soul” può essere inteso quale elemento non unicamente stilistico-artistico, ma anche di sostanza, ispirazione e riconoscenza. Infine, in “Black & White”, l'autore aggiunge considerazioni sull'uso di volti femminili, bianchi, sulle copertine di LP che, tra le altre, riguardano dischi di Martha and the Vandellas, Miles Davis, Isley Brothers, Crystals, James Brown. Da aggiungere anche la ragazza bionda che appare in Otis Blue di Redding...
In coda: “Discografia consigliata”, “Bibliografia consigliata” e l'indice.

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