Alberto Galimberti racconta in un libro Alessandro Del Piero a dieci anni dall'addio al calcio
4 Ottobre 2022

360 pagine, quasi una per ogni giorno dell’anno, per raccontare una grande bandiera del calcio moderno: il giornalista Alberto Galimberti racconta il capitano della ‘Vecchia Signora’, destinato a rimanere nella storia del calcio, in un libro da non perdere,
Alessandro Del Piero, l’ultimo atto di un campione infinito, edito da Diarkos. Dagli esordi all’addio allo Stadium, passando ovviamente per l’immensa gioia che il nostro paese aspettava da troppo tempo: la Coppa del Mondo, conquistata nella magica notte di Berlino 2006.

Un libro corposo, dove si può apprezzare il lavoro dell’autore fatto con estrema cura e ricerca degli aneddoti sportivi e storici; un testo approfondito ma piacevole e scorrevole nella lettura. Con la prefazione di una grande voce, ossia quella del telecronista RAI Bruno Pizzul, il volume tiene letteralmente il lettore – non solo il tifoso juventino ma anche l’appassionato di calcio – incollato alle pagine, dalla prima all’ultima, “fino alla fine”. Abbiamo fatto alcune domande all’autore per capirne di più. Ecco com’è andata.

Alessandro Del Piero ha rappresentato e, probabilmente, rappresenta tuttora la più grande bandiera bianconera moderna, nonché una delle storiche bandiere italiane, paragonabili secondo me soltanto a Totti e Baggio. Secondo lei c’è stato qualcuno dei bianconeri – in questi ultimi anni – in grado di avvicinarsi, anche solo lontanamente, al Capitano per eccellenza della Vecchia Signora? Intravede, nella rosa attuale, qualche elemento dalle caratteristiche o dal potenziale simile?

“È difficile rispondere esaustivamente. Dopo il commosso commiato allo Juventus Stadium, dove rimpianto e riconoscenza hanno sostenuto l’uno lo sguardo dell’altra, il testimone di capitano, bandiera e simbolo è stato raccolto prima da Gianluigi Buffonpoi da Claudio Marchisio e infine da Giorgio Chiellini. Giocatori anch’essi amati dai tifosi, stimati dagli avversari e lodati dai media. Tuttavia, nell’immaginario collettivo bianconero, restano lontani da quello che ha rappresentato e continua a rappresentare Pinturicchio: un campione esemplare, un capitano fedele, un calciatore ineguagliato. Credo che rimanga un modello inarrivabile, ma, allo stesso tempo, incarni una fonte di ispirazione. In questo periodo travagliato per il club – risultati deludenti, prestazioni scialbe, allenatore e squadra contestati apertamente – un giocatore alla Del Piero riuscirebbe a far svoltare la stagione, ma purtroppo nessuno, al momento, sembra essere all’altezza di tale compito. Nemmeno, per ragioni differenti, i giocatori sui quali società e supporter rimpongono fiducia e speranze: Pogba e Di Maria, Vlahovic e Chiesa. Sul campo, Del Piero univa la classe sopraffina alla caparbietà agonistica, il genio del fantasista alla grinta del gregario che lotta su ogni pallone, la potenza atletica alla pulizia del gesto tecnico e alla qualità nel tocco di palla. Risultando poetico e pragmatico, segnando reti che appagavano l’occhio e saziavano l’efficacia. Fuori dal rettangolo di gioco, invece, possedeva doti temperamentali fondamentali per risalire la china, lasciandosi alle spalle frangenti cupi, individuali e collettivi: l’intelligenza e l’umiltà, la lucidità di giudizio e il carisma della leadership. È stato unico. Non per nulla viene invocato a gran voce dalla tifoseria per far tornare in auge la Juventus“.

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