Recensione libro: Sex Pistols, Dio salvi la Regina (e il Punk Rock) - Truemetal
7 Aprile 2023

Questo uno spaccato dell’introduzione al libro Sex Pistols, Dio salvi la Regina (e il Punk Rock), pubblicato da Diarkos Editore.

La risposta è altrettanto semplice: i Sex Pistols!

La si veda come si vuole, con tutte le attenuanti e le variabili politiche e sociali del caso, ma fu proprio così. Quattro musicisti (?) scalcagnati che fra di loro non andavano poi neanche tanto d’accordo, quindi lontani dal concetto band = gang, riuscirono a mettere a ferro e fuoco prima l’Inghilterra e poi, esagerando un po’, il mondo intero. In quel periodo, nel Regno Unito, si verificarono le condizioni ideali affinché qualcosa potesse accadere e fosse in grado di rompere definitivamente con il passato, non solo musicale. Un maneggione come Malcom McLaren molto avveduto a mo’ di manager, “tagliato” e con lo sguardo proiettato tanto al futuro quanto alla profondità del proprio portafoglio, un manipolo di idee semplici ma a loro modo originali poi risultate vincenti, un bel po’ di faccia tosta abbinato al gusto per la provocazione e il gioco è fatto, tanto che gli stessi Pistols si autoproclamarono come la più grande truffa del Rock’N’Roll.

Questo, in maniera molto semplicistica e schematica quanto avvenne a partire da poco dopo la seconda metà degli anni Settanta in quel di Londra.

Ma andò veramente così?

A fare luce su di un fenomeno (già, perché nel caso di Rotten & Co. si può assolutamente parlare di un’entità molto al di sopra della definizione di semplice band) in grado di stravolgere e riscrivere l’intera epopea del rock, ci pensa quest’opera di 224 pagine a cura di Antonio Bacciocchi che descrive con grazia e vivace narrativa, sebbene lontano dal sensazionalismo un tanto al chilo, le vicende della Punk Rock band per antonomasia, Ramones permettendo.

Il cantante John “Johnny Rotten” Lydon, il chitarrista Steve Jones, il batterista Paul Cook e il bassista Glen Matlock, poi sostituito da Sid Vicious, vennero frettolosamente etichettati dall’intellighenzia musicale di regime dell’epoca come dei cazzari (eufemismo), situazione che poi si ritorse contro la stessa casta minandone le fondamenta, sino a quel punto apparentemente inscalfibili, guantate dal paludismo e dal perbenismo del periodo.

Sex Pistols non erano dei fenomeni, come musicisti, questo è vero, ma nemmeno degli scappati di casa come vennero dipinti. Never Mind the Bollocks, Here’s the Sex Pistols, il loro unico album del 1977 è uno sguaiato concentrato di energia primitiva, per l’epoca il manifesto violento e sporco dell’urgenza sonora canalizzata entro i solchi di un trentatré giri. I Pistols furono “obbligati” a pubblicarlo. Allora ma anche oggi, fondamentalmente, senza un disco fra le mani non si andava da nessuna parte.

A mo’ di illuminante esempio vengono citati da parte dell’autore i Pretty Things, molto meglio dei Rolling Stones ma che finirono nel nulla perché non avevano qualcosa di loro fuori. I Pistols, comunque, non furono i primi a pubblicare un’uscita Punk ufficiale in UK. Si fecero bagnare il naso da “New Rose/Help” dei The Damned di Christopher “Rat Scabies” Miller, personaggio a dir poco iconico, senza nulla togliere agli altri tre componenti, beninteso, con Captain Sensible in testa. Vero, però, che solo dopo l’uscita del singolo di “Anarchy in the UK” dei Sex Pistols iniziò l’epopea grazie anche alla loro breve comparsata al Bill Grundy Show della BBC, fra turpiloquio, un conduttore ubriaco e svastiche gratuite come se non vi fosse un domani. Epopea che per loro vorrà dire popolarità ma anche inanellare un casino dietro l’altro, come ad esempio il fatto di cercare lo scontro con gli allora rocker, molti dei quali poi divenuti metallari a tutti gli effetti poco tempo dopo, infoltendo le file delle new entry generate dalla Nwobhm.

Per capire quanto la creatura di McLaren “tirasse” basti sapere che fra le moltitudini dei fan adoranti e fra i vari frequentatori del loro giro, durante le loro prime infuocate performance live, presenziarono quelli che sarebbero divenuti poi membri di Adam AntSiouxieBuzzcocksJoy DivisionSmiths Simply Red, solo per citarne alcuni.

In quel breve lasso di tempo che ne caratterizzerà la storia i Sex Pistols, così come riportato con agile profondità e adeguata documentazione da Bacciocchi, non si faranno mancare nulla ma proprio nulla dell’immaginario legato ai cliché, a partire dalle risse sino ad arrivare ai vari eccessi che poi causarono la dipartita di Sid Vicious, forse l’icona, suo malgrado, dello stesso decadentismo legato al Punk Rock.

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