LA TRUFFA PIÙ VISIONARIA DEL ROCK'N'ROLL - Arte.it
16 Aprile 2023

Mondo - Never mind the bollocks, Here’s the Sex Pistols esce il 28 ottobre 1977, e, prima che un disco di rock, è un gesto di salute pubblica, che spazza via in un colpo solo tutte le metastasi musicali che il rock aveva maturato dalla fine degli anni ’60 e che anni dopo avevano bloccato ogni ricambio di estetiche innovative: il progressive, l’hard rock, l’imperiale decadenza dei Pink Floyd con Animals (I hate Pink Floyd, stava scritto nella maglietta sbrindellata che portò Johnny Rotten al successo), quel capolavoro di marketing strategico che fu nel 1973 il Tubular bells di Mike Oldfield…Certo, si erano già uditi i rintocchi del nuovo: Bowie e la sua trilogia berlinese, Brian Eno aveva già fatto le prove dell’ambient col suo Discreet music, dalla New York devastata della metà degli anni Settanta (Welcome to the Fear City, recitava il volantino che agenti in borghese consegnavano ai visitatori che arrivavano in quei giorni al Kennedy) il lurido locale della Bowery CBGB aveva proiettato nel mondo le ombre dei Television, dei Ramones, di Patti Smith e dei Talking Heads.  Eppure, il corpo  grosso del rock di  quei giorni era davvero frutto di una visione conservatrice del mondo, che cercava di tenere assieme con formule consunte l’anima elettrica con quella classica, la critica sociale con l’accettazione godereccia del mondo, la dura realtà sociale delle città di allora coi mondi immaginari delle fate e degli elfi.

Finchè arrivarono loro, gli Anticristi…
Il libro di Antonio Baciocchi, Sex Pistols – Dio salvi la regina (e il punk rock), pubblicato da Diarkos, casa editrice di Santarcangelo di Romagna dagli interessi onnivori, all’apparenza si presenta come un lavoro di forte impatto divulgativo, ricchissimo di notizie, informazioni e fonti dirette sulla storia dei Sex Pistols come gruppo e come individui. In realtà, io l’ho letto come un saggio di storia del rock che va direttamente, senza fronzoli, ai temi essenziali posti dal gruppo londinese. E già nell’introduzione l’autore espone la domanda delle domande: i Sex Pistols furono davvero la più grande truffa del rock’n’roll, come voleva il loro manager Malcolm McLaren, oppure un grande gruppo che in soli due anni e mezzo di vita, in sintonia con il Live fast, die young della gnomica punk, produsse la più grande rivoluzione collettiva della musica rock (niente a che vedere, per esempio, come impatto sociale e di estetica, con il grunge, la new wave, la psichedelia, ecc)?. E soprattutto, produsse grande musica, anche se concentrata nelle dodici canzoni di un disco. E’ la stessa domanda che si pone Greil Marcus, il grande sociologo della storia del rock, nel suo libro Lipstick traces: Storia segreta del XX secolo, pubblicato nel 1989 e il cui primo capitolo è dedicato all’ultimo concerto dei Sex Pistols, solo che lo fa dopo 50 pagine di riferimenti filosofici, storici ed artistici. In realtà, anche se Baciocchi non risponde direttamente alla domanda, sembra di capire che stia dalla parte della musica.

Articolo completo al link: http://www.arte.it/notizie/mondo/la-truffa-pi%C3%B9-visionaria-del-rock-n-roll-20323