Recensione Sentireascoltare: Sex Pistols - Dio salvi la regina (e il punk rock)
20 Aprile 2023

Loro malgrado, i Sex Pistols sono dei classici. Ragion per cui, secondo la celebre formula di Calvino, non finiscono mai di dire ciò che hanno da dire. Per questo non stupisce che si continui a indagare, valutare, soppesare una vicenda tra le più incredibili ed emblematiche della storia del rock. Capace ancora oggi di suscitare interesse, emozioni, polemiche. Vedi come la mini serie Pistol, uscita nel 2022 per la regia di Danny Boyle e basata sull’autobiografia di Steve Jones, abbia saputo guadagnarsi un bel numero di visioni e a far parlare (bene e male) di sé, anche per aver suscitato le ire di un non propriamente soddisfatto John Lydon, da cui un furibondo battibecco a mezzo stampa con lo stesso Jonsey e Paul Cook, tra accuse reciproche di scorrettezza rispetto alle quali, visti i soggetti in ballo, eviterei di prendere posizione. Resta il fatto che, riarrangiata o meno, a quasi mezzo secolo dalla sua fine, la storia dei Sex Pistols continua a sembrare un affare bollente, difficile da maneggiare come la scheggia di uno specchio rotto. 

Antonio Bacciocchi, in arte Tony Face, batterista degli storici Not Moving, è uno che il punk lo abita e respira praticamente da sempre, avendone vissuto in prima persona e da protagonista premesse, sviluppi e postumi. Proprio in ragione di ciò, è perfettamente in grado di andare oltre la fenomenologia di creste, spille da balia e sputi deliziosamente scambiati tra pubblico e band. Del resto, a parte il post punk evoluto dei Not Moving, nei saggi precedenti e nel suo apprezzatissimo blog sciorina da tempo competenza e passione per ambiti altri, che siano il soul o il rhythm and blues, la cultura mod o il rapporto neanche troppo accessorio tra rock e sport. 

Forse proprio per questa ampiezza di sguardo, Bacciocchi nel qui presente volume biografico sui Sex Pistols – sottotitolo: Dio salvi la Regina (e il punk rock) – affronta e conduce l’excursus attraverso la vicenda della band londinese con limpido distacco, non indulge cioè in sensazionalismi (di cui svolte e risvolti sono comunque intrisi) ma procede col registro piano del divulgatore, infarcendo la cronaca di citazioni e aneddotica (che, nel caso specifico, costituiscono un carosello particolarmente succulento). Il punto è questo: si tratta di un volume chiaramente divulgativo, rivolto cioè non al fan né allo smanioso di analisi semiologiche ma decisamente a chi dei Pistols conosce più che altro la fenomenologia standard e magari, chissà, sente il bisogno di metterla a terra e colmare qualche lacuna, di incorniciarla in un contesto storico, musicale e (anche, certo) umano. 

 

Niente approfondimenti critici o quasi, quindi, pure se l’approccio da musicista di Tony Face esce fuori con rapide ed efficaci pennellate mirate a descrivere i pezzi che andranno a comporre il fenomenale nonché (pressoché) unico album di inediti. Semplicemente, tenuto conto del livello di approfondimento (ovvero: ben più di quanto potrebbe un long form di una qualsiasi rivista o webzine, molto meno di un tomo biografico alla Jon Savage), per un centinaio di pagine tutto quel che c’è da dire sulla vicenda viene detto. E viene detto bene. 

Detto della prefazione a cuore sbucciato di Ulderico “Wilko” Zanni (storico chitarrista e voce dei Rats), il valore aggiunto del volume sta nella seconda parte, organizzata come un’antologia di articoli d’epoca (internazionali e italiani), quindi reportage che documentano lo shock dei primi concerti, valutazioni in tempo reale sul valore e le prospettive della band (molta lungimiranza, qualche cantonata), interviste folgoranti (e scelleratissime, va da sé), più ovviamente le recensioni dei singoli e del famigerato Never Mind The Bollocks

Quindi altre testimonianze, anche recenti, di colleghi musicisti, tipo quelle di un accalorato Pete Townshend, di un solerte (ma abbastanza acido) Mick Jagger, di un illuminato Peter Cook o di un devoto Jason Williamson (metà Sleaford Mods). E poi ancora aneddoti e curiosità, il tutto insomma a confezionare un mini zibaldone che tratteggia a pennellate e strattoni la sagoma di quel fenomeno bislacco e furioso, terribilmente genuino e beffardamente truffaldino, passato alla storia come Sex Pistols.

Questa nuova fatica di Bacciocchi è insomma un’opera tutt’altro che definitiva, dimensione a cui del resto non ambiva. Casomai voleva essere – ed è – una gustosa introduzione alla band che, come ben disse qualcuno, detiene il record del maggior numero di paradigmi abbattuti col minor numero di dischi pubblicati. 

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