Cannabis. Il futuro è verde canapa di Mario Catania su Tutto sulla canapa
27 Gennaio 2020

La canapa è un’alleata preziosa nelle sfide ambientali che l’umanità di trova davanti. Non solo perché può essere fondamentale nel cambio di paradigma dall’uso sfrenato di derivati del petrolio, come ad esempio la plastica, o per l’enorme riduzione che potrebbe portare ai livelli di CO2 che immettiamo nell’atmosfera o per ridurre la deforestazione: può essere la chiave per aiutarci a ripulire letteralmente il pianeta tramite la fitorimediazione.

La pianta dai mille usi infatti, come raccontato in un capitolo dedicato del libro “Cannabis. Il futuro è verde canapa“, ha delle spiccate doti che le permettono cioè di togliere dal terreno inquinanti e metalli pesanti come cadmio e diossina, per stoccarle al proprio interno.

“Uno dei primi esempi moderni nell’utilizzo di piante per ripulire terreni contaminati è stato avviato in America agli inizi degli anni ’90″, racconta Mario Catania a proposito di fitorimediazione nel libro pubblicato da Diarkos. “E l’ennesimo paradosso che coinvolge questa pianta vuole che sia un esperimento tentato proprio dall’azienda DuPont, più volte messa in relazione al proibizionismo nei confronti di questa pianta. Era l’8 settembre del 1992 quando la giornalista Emily Bernstein scrisse sul New York Times il pezzo titolato “Scientist using plants to clean up metals in contaminated soil”, dando conto del fatto che il dottor Scott Cunningham, ricercatore per la DuPont, iniziò ad utilizzare canapa e ambrosia per ripulire la zona accanto al fiume Delaware dove la compagnia produceva più di 750 sostanze chimiche”.

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