Hegel. La dialettica di Vladimiro Giacchè su Marx XXI
24 Marzo 2020

Il marxismo e Hegel: contraddizione e temporalità

pubblichiamo in esclusiva uno stralcio del nuovo libro di Vladimiro Giacché, Hegel, La dialettica, Diarkos 2020, pp.105 sgg.

Nel secondo Ottocento l’interpretazione del metodo hegeliano secondo la quale la dialettica, e in particolare il concetto di contraddizione, vanno letti in termini temporali e non logici diviene prevalente e finisce per essere condivisa sia dai seguaci che dai critici di Hegel. In base a questa lettura le contraddizioni emergono e si risolvono nel tempo, dando vita a nuove formazioni sia naturali che storiche. Così lo storico della filosofia Kuno Fischer (1824-1907) può affermare che Hegel “è il filosofo del XIX secolo, infatti è il filosofo della teoria dell’evoluzione”[1], mentre un critico di Hegel come Friedrich Nietzsche (1844-1900) scrive addirittura che “senza Hegel non ci sarebbe Darwin”[2]. Si tratta di un’evidente forzatura del pensiero hegeliano, se pensiamo che Hegel non soltanto affermò esplicitamente che la dimensione dello sviluppo nel tempo era estranea al mondo naturale, ma ravvisò precisamente in questa fissità del mondo naturale uno dei motivi di inferiorità della natura stessa nei confronti del mondo storico-sociale.


Anche nel marxismo è evidente una proiezione della dialettica su un piano temporale. In particolare per Friedrich Engels (1820-1895) nel sistema hegeliano “per la prima volta, e questo è il suo grande merito, tutto quanto il mondo naturale, storico e spirituale venne presentato come un processo, cioè in un movimento, in un cangiamento, in una trasformazione, in uno sviluppo che mai hanno tregua”[3]. Conseguentemente, Engels legge in chiave temporale la fluidità delle categorie hegeliane, interpretando la contraddizione come un qualcosa che si risolve nel tempo. In Karl Marx questa lettura della dialettica hegeliana si riflette soprattutto nella concezione del processo storico secondo cui il passaggio da una forma sociale a una superiore è determinato dalla “contraddizione” che insorge tra i “rapporti di produzione esistenti” e le “forze produttive e materiali della società”. Ma il rapporto di Marx con il pensiero di Hegel non è riducibile a questo aspetto. Nel periodo in cui attendeva alla sua opera maggiore, Il capitale, Marx scrisse ad Engels: “quanto al metodo di lavoro mi ha reso un grandissimo servizio il fatto che per puro caso mi ero riveduto la Logica di Hegel”[4]; e in effetti l’uso delle categorie hegeliane è evidente nel testo a stampa, e ancora più chiaro negli studi preparatori della sua opera maggiore. La concezione del capitale come un “processo di autovalorizzazione” deve molto a Hegel, come pure la definizione del capitale come “totalità”, “soggetto” e “fine a se stesso”; per Marx la produzione del capitale “si muove tra contraddizioni continuamente superate, ma altrettanto costantemente poste”[5], cosicché si può ben dire che il capitale sia “esso stesso la contraddizione in processo”[6]. È evidente che qui le categorie hegeliane sono adoperate per intendere il modo di produzione capitalistico. 

Non senza ragione Lenin nei suoi Quaderni filosofici poté affermare che “non si può comprendere a pieno Il capitale di Marx, e in particolare il suo primo capitolo, se non si è studiata attentamente e capita tutta la logica di Hegel”[7]. Per Lenin “la dialettica vera e propria è lo studio della contraddizione nell’essenza stessa degli oggetti: non soltanto le apparenze, ma anche le essenzialità delle cose sono transeunti, mobili, fugaci, separate da limiti solo convenzionali”[8]. In questa affermazione sono presenti tanto l’idea di contraddizione in senso logico, quanto il concetto di una contraddizione che si risolve nel tempo. E nel breve scritto A proposito della dialettica Lenin critica il marxista russo Plechanov (1856-1918), ma anche lo stesso Engels, per non aver preso abbastanza sul serio il concetto dell’“identità degli opposti”, in cui egli ravvisa una vera e propria “legge della conoscenza”[9]: l’“identità” o “unità” degli opposti è infatti “il riconoscimento (la scoperta) di tendenze contraddittorie, che si escludono reciprocamente, opposte, in tutti i fenomeni e i processi della natura (spirito e società compresi)”. Secondo Lenin “condizione della conoscenza di tutti i processi del mondo nel loro automovimento, nel loro sviluppo spontaneo, nella loro vivente realtà” è appunto “la conoscenza di essi come unità degli opposti”: quindi la dialettica può ben essere considerata come la “teoria della conoscenza” di Hegel e del marxismo. 

Anche Mao Zedong (1893-1976) scrisse un importante saggio Sulla contraddizione, in cui ravvisò nell’idea che “lo sviluppo è determinato dalle contraddizioni interne” una tesi centrale della “dialettica materialistica”[10]. Per Mao “la causa fondamentale dello sviluppo delle cose non si trova fuori di esse ma dentro di esse, nella natura contraddittoria insita nelle cose stesse”[11]. Ovviamente, non si tratta qui di una concezione di interesse teorico, ma pratico: “la concezione dialettica del mondo insegna anzitutto agli uomini a osservare e analizzare correttamente il movimento delle contraddizioni nelle diverse cose, e a indicare, sulla base di questa analisi, i metodi per risolvere le contraddizioni”[12]. Di grande importanza pratica è per Mao anche l’ulteriore distinzione tra “contraddizione principale” e “contraddizioni secondarie”: “in ogni processo di sviluppo di una cosa complessa esistono numerose contraddizioni, tra cui vi è necessariamente una contraddizione principale; la sua esistenza e il suo sviluppo determinano o influenzano lo sviluppo delle altre contraddizioni”[13].

Si è voluta richiamare l’interpretazione della dialettica di Hegel proposta da alcuni dei principali esponenti del pensiero marxista perché essa rappresenta un caso a suo modo esemplare di ripresa, uso e al tempo stesso trasformazione delle categorie hegeliane da parte della tradizione culturale successiva. (…) La plausibilità di questo come degli altri usi possibili di Hegel non può essere giudicata principalmente sulla base della correttezza filologica e della fedeltà all’orizzonte teorico del filosofo tedesco, ma su quella della coerenza teorica complessiva del sistema di pensiero all’interno del quale i concetti hegeliani sono incorporati.

1.  K. Fischer, Hegels Leben, Werke und Lehre, 1901, 19112, rist. Darmstadt 1963, p. 1179.

2.  F. Nietzsche, La gaia scienza, § 357.

3. F. Engels, Anti-Dühring, tr. it. Roma, Editori Riuniti, 1986, p. 23.

4. K. Marx, lettera a Engels del 16 gennaio 1858 circa; in K. Marx, F. Engels, Lettere 1856-1859, tr. it. Roma, Editori Riuniti, 1973, p. 273.

5. K. Marx, F. Engels, Opere, vol. XXIX, Scritti economici di Karl Marx luglio 1857 – febbraio 1858, tr. it. Roma, Editori Riuniti, 1986, pp. 239, 210, 229, 342.

6. K. Marx, F. Engels, Opere, vol. XXX, Scritti economici di Karl Marx marzo 1858 – marzo 1859, tr. it. Roma, Editori Riuniti, 1986, p. 91.

7. Lenin, Quaderni filosofici, tr. it. Roma, Editori Riuniti, 1969, p. 167.

8. Lenin, Quaderni filosofici, p. 257.

9. Lenin, Quaderni filosofici, pp. 361 sgg.

10. Mao Zedong, Scritti filosofici, tr. it. Napoli, La Città del Sole, p. 37.

11. Mao Zedong, Scritti filosofici, p. 38.

12. Mao Zedong, Scritti filosofici, p. 41.

13. Mao Zedong, Scritti filosofici, p. 61.

 

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