ISOLA DI WIGHT
MUSICA E SPETTACOLO
272
18.00
14.00x21.00 cm
brossura con alette
9788836162383
Quando si pensa all’inizio dei megafestival rock, alla fine degli anni Sessanta, il pensiero corre in fretta verso Woodstock, nel luglio 1969. Tuttavia qualcosa di diverso accade già un anno prima, nell’Europa della contestazione. È il 31 agosto 1968 quando, in un concerto in mezzo al verde, diecimila freak applaudono musicisti beat, pop e folk, dagli statunitensi Jefferson Airplane ai britannici The Pretty Things, Smile, Tyrannosaurus Rex e molti altri: si consacra alla storia del rock l’Isola di Wight, splendida location britannica sulla Manica, vicino alla costa francese. Da allora l’Isle of Wight Festival vanta due edizioni successive fenomenali: nel 1969 c’è il ritorno in scena del mitico Bob Dylan, seguito o preceduto fra gli altri da Joe Cocker, Richie Havens, King Crimson; e nel 1970 il trionfo con Jimi Hendrix e Jim Morrison, oltre la presenza in cartellone del gotha pop-rock tra Chicago, The Who, Joan Boaz, Donovan, Procol Harum, Joni Mitchell, Leonard Cohen, Sly and the Family Stone, Emerson Lake and Palmer, Jethro Tull, Mungo Jerry e circa settecentomila fan in delirio.
L’Isola di Wight torna essere protagonista della musica giovanile solo nel 2002, e da allora ogni estate si alterna il meglio del sound generazionale. Ma per tutti rimarranno impresse le edizioni 1968, 1969, 1970, che fanno cantare ai Dik Dik «sai cos’è l’isola di Wight, è per noi l’isola di chi ha negli occhi il blu della gioventù, di chi canta hippy, hippy, hippy». In questo libro, tra band e solisti, jeans e minigonne, danze e spinelli, utopie e desideri, l’affascinante racconto di un’epopea che rivoluziona, sul Vecchio continente e poi nel mondo intero, non solo la canzone, ma anche l’immaginario collettivo, il modo di vivere, pensare, vestire, amare, di chi allora aveva solo vent’anni o anche meno.
Guido Michelone è docente di Storia della musica afroamericana all’Università Cattolica di Milano e di Storia della popular music e di Storia del jazz presso il Conservatorio Vivaldi di Alessandria. Già collaboratore di testate quali «Musica Jazz», «Ritmo», «Jazzit», è da vent’anni critico musicale per «Buscadero» e «il manifesto». Ha all’attivo una decina di opere letterarie (narrativa, poesia, teatro) e una quarantina di saggi su jazz, rock, folk, colonne sonore, tra cui l’ormai classico Il jazz-film. Ha pubblicato anche monografie su Beatles, Clash, Fabrizio De André e Vasco Rossi. Per Diarkos ha pubblicato Rolling Stones. Non è solo rock and roll (2022)