Premessa d’obbligo: libro interessante, molto personale ma anche emblematico per la divulgazione dell’esercizio della corsa nei suoi aspetti più vari, dalla camminata della salute, all’impegno agonistico. La disquisizione tra jogging e running, rappresenta semplicemente il passaggio dalla riva della tranquillità alle onde della velocità. Parlo per cognizione di causa e perché in alcuni passaggi mi ritrovo a specchiarmi nell’io di decenni e decenni di attività. Un amore infinito che alle soglie delle 89 primavere, ancora coltivo, con l’entusiasmo che alberga in ciascuno di noi che sentiamo il richiamo come una sirena di cui sei follemente innamorato. L’autore spiega il motivo della vocazione abbastanza tardiva se paragonata alla normalità dell’esercizio, nato con l’uomo, per la necessità contingente di difendersi e quindi allontanare il pericolo, dandosela a gambe. Mi permetto un’intromissione personale, partendo dall’ultimo impegno sostenuto a New York, lo scorso 17 marzo, quando sulla soglia degli 88 anni, ho disputato la mezza maratona, uno dei quasi 30.000 compagni di fatica, in una giornata di sole. Ho raggiunto il traguardo in poco meno di quattro ore, portandomi dietro, dall’inizio della salita del Central Park, un crampo al quadricipite della gamba destra, che mi è costato come minimo 30 minuti di ritardo sulla tabella personale. Colpa mia, che mi ero illuso di farcela con una preparazione il cui tetto di 15-16 km. Ho pagato la leggerezza e, in occasione delle 90 primavere, avrò l’accortezza di prepararla come si deve. La corsa è come la coscienza, se la tradisci, ti presenta il conto. Ho dato l’addio alle maratone nel 2010 a Pietroburgo, quando entrai in crisi verso il 38° km. e chiusi in 3h e 58”. Al traguardo mi attendeva mia figlia Cristina (tre volte New York), che senza troppi preamboli mi disse che quella (era la 36°, disputate in giro per il mondo, da quelle europee, a Pechino a Ushuaia in Patagonia al Polo Sud, da Seul a Honululu, Melbourne e Sydney, Orlando in Florida, l’isola di Maui, Cabo Verde, Costa Rica, Salvador de Bahia, un caldo infernale), doveva risultare l’ultima della serie. Il cui avvio datava il 1982 a Londra, quando le lancette del tempo segnavano già i 46 rintocchi. Torniamo al libro, che consiglio a chi già corre e a chi ci sta pensando. Perché, vi chiederete? Molte le ragioni. Prima di tutto perché vi allarga l’orizzonte e stimola al cambio di chi consuma il divano e si ciba della filosofia scritta in pollici, mentre coloro che già hanno già nei programmi sane sgroppate all’aria aperta, per la varietà di argomenti che tratta, tutti interessanti. Partendo dal gesto iniziale, alle peculiarità di ogni atleta, le origini e le motivazioni. Perché Kenya ed Etiopia svettano sulla lunga distanza, ma pure quanto la musica incida sul rendimento in gara. Perché la corsa è “solidale” e “democratica”, oltre che educativa. Spesso le difficoltà economiche stimolano l’antico esercizio. Nei primi anni ’70, in piena crisi energetica, con la benzina alle stelle, quindi meno gite in auto ma più bici e via a sgambettare. Interessanti le sue esperienze in giro per il mondo, in cui mi riconosco e non poco. Ogni tappa l’approdo per mettere le scarpe e gustare nuove sensazioni. Molti i riferimenti dai libri che trattano l’’argomento nello specifico, che fanno spesso da sponda filosofica per la scelta di come correre. Pur avendo letto moltissimo, ho scoperto testi nuovi e quindi anche il lettore arricchirà la sua biblioteca mentale. Da giornalista itinerante, curioso di conoscere ma anche di informare, paragona ambienti e reazioni. Dall’inquinamento in Cina a quello di Milano, un parallelo che non condivido, anche se può capitare il giorno sfortunato. Ho trovato molto più inquinata Los Angeles e in generale le metropoli cinesi nei confronti di Milano, dove vivo da oltre mezzo secolo. Lo invito al Parco Nord, 90 km. di percorsi nel verde, per respirare abbondanti quantità di clorofilla e farne una riserva preziosa. Tra i capitoli, rimarchevoli quelli sul doping e al tempo del Covid. In particolare per la sua situazione personale vissuta in quel tragico periodo. Che la corsa sia un potente antidepressivo è noto da tempo, come le distanze più delle gambe restano condizionate dal cervello. Ognuno ha i propri limiti. I 42,195 km. della maratona rappresentavano il mio disco rosso oltre il quale non sono mai andato. Qualcosa nella mia testa scattava e mi fermava. Ammiro chi li ha superati, ma non ho alcun rimpianto per non averci provato. Ci sono poi le storie che riguardano nomi di protagonisti in altri settori dal calcio allo spettacolo. Da Bergomi a Kaka, ovvero le due sponde di Milano (Inter e Milan). Dalla fine degli anni ’80 al 2003, per la rivista “Correre”, direttore Marco Marchei, ero l’invito alle maratone più importanti, che disputavo a raccontavo. Quindi un punto di riferimento. Gianni credo fosse il 1999, mi telefonò parecchie volte, chiedendomi consigli per preparare al meglio New York. Si applicò moltissimo, anche se non era un predestinato. Molto interessanti la impressioni riportate dai viaggi in Sud Africa dove ha conosciuto Nelson Mandela, descrivendolo anche molto bene, pur dimenticando che fu campione nazionale di pugilato nei pesi medi. L’ultima parte di un libro, lo ripeto, molto utile per tutti, riserva pensieri e consigli, dalla terminologia alla difesa del jogger, la fantasia al servizio della corsa e la tentazione di mettere l’esperienza sul palcoscenico. Ringrazio l’autore, per avermi dato lo spunto di aggiungere qualcosa di personale. Un libro tosto.
Giuliano Orlando
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