È solo rock ‘n’ roll? La domanda delle domande, altro che semplice disco dei Rolling Stones. A tale vexata quaestio, ancora più urgente vista la storicizzazione della cultura rock classica, risponde Pino Casamassima nel nuovo libro per Diarkos Is It Only Rock ‘n’ Roll? Breve storia della canzone di protesta e dei movimenti giovanili. Già nel sottotitolo si intuisce il percorso del prolifico giornalista e scrittore: la storia del rock è profondamente connessa a quella dei movimenti giovanili, della protesta e della controcultura. Anche in Italia, con sfumature più o meno marcate per ogni nazione. Ne parliamo con lui.
Rispondo io alla domanda, caro Pino, e te la rilancio: non è solo rock ‘n’ roll, non è stata solo musica ma anche politica, arte, costume, società. La cultura rock ha profondamente influenzato la storia del Novecento, possiamo dirlo?
Certamente. Non a caso, come scrivo nell’introduzione, quel libro non è la storia del rock (non ce ne sarebbe stato bisogno, a fronte dei tanti già pubblicati, molti dei quali di pregio), ma una tesi: il rock ha profondamente influenzato i movimenti giovanili e viceversa: basta leggere i testi degli album che erano spesso dei concept, non singole canzonette infilate in un 33 giri.
Nel 1965 i Beatles non cantano più di amori adolescenziali e letterine, Bob Dylan e l’influenza della Beat Generation dettano legge. Si trova in questo fermento la nascita della cultura rock?
Ho sempre ascritto i Beatles nell’alveo del Pop. Per quanto riguarda il costume, credo che maggiore influenza su di essi abbiano avuto Dylan e gli Stones: del primo non bisogna spiegare il perché, dei secondi vorrei sottolineare quella cifra trasgressiva a livello estetico ed etico (quindi, politico), come dimostra ad esempio una canzone come Gimme Shelter sui bambini del Vietnam: non a caso, la loro fu la rock roll band di quella guerra. La Beat Generation trovò il suo canto del cigno a Woodstock dopo il funeral party di Frisco di due anni prima da parte della cultura hippy. Dopo Woodstock iniziò un nuovo tempo, segnato dal progressive che sperimentò nuove sonorità anche per l’avvento di nuovi strumenti che utilizzavano una elettronica inesistente nel decennio precedente. Ricordo un concerto di Battiato del 1973, ossia prima che si consegnasse al Pop con notevole vantaggio economico, di sola sperimentazione: uscì vivo da quel concerto per puro miracolo.
A proposito di Dylan, la cultura rock aveva bisogno di un’onorificenza come il Nobel?
La cultura rock (ma Dylan è rock…?) no. Lui, sì. Posso testimoniare che passavamo i pomeriggi a tradurre i suoi testi. All’epoca internet era lontano anni luce. Abbiamo imparato più inglese traducendo Dylan e Stones che non al liceo. Il Nobel della Letteratura si è esibito in ben altri riconoscimenti discutibili.
All’epoca vigevano forme di connessione sovranazionale, mi viene in mente lo Hippie Trail. In epoca pre-globalizzazione e pre-Internet, quali strumenti usavano i ragazzi di tutto il mondo per comunicare?
C’erano le fanzine e le testate specializzate, oltre ad alcune trasmissioni radiofoniche coraggiose. Il passaparola era lo strumento più efficace, con un traffico di audiocassette terribili sul piano della fedeltà. A proposito di fedeltà, il vinile ci restituiva suoni impossibili per i CD che li avrebbero sostituiti, anche se ora il vinile si sta prendendo la giusta rivincita.
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