Freddie Mercury, Beatles, Martin Luther King ed Elvis Presley. Quattro simboli del Novecento, quattro figure che ogni scrittore vorrebbe affrontare e raccontare, ma che vista la loro importanza sono anche difficili, sfuggenti. Per Diarkos se ne è occupato Paolo Borgognone, stimato biografo che sta lavorando a questi approfonditi “medaglioni” per la casa editrice emiliana. Stavolta parliamo con lui di Io, Elvis. La storia immortale del Re del Rock. Una biografia che attraversa clamori e cadute, trionfi e abissi, inevitabili per un protagonista del XX Secolo.
Abbiamo recentemente parlato con te dei Beatles, ora affrontiamo Elvis. Due fenomeni della cultura popolare del Novecento, due entità che hanno travalicato la musica per diventare immortali. In cosa è diverso il mito di Elvis rispetto ai Beatles?
Un critico musicale, qualche anno fa, paragonò l’avvento sulla scena musicale dei quattro di Liverpool alla comparsa della vita sulla terra. Da lì avrebbero poi preso la propria strada i differenti generi, gusti, mode. Lo stesso autore diceva che, in questo senso, Elvis era paragonabile al Big Bang. L’esplosione del fenomeno Presley è stato l’atto primigenio, la scintilla che ha fatto sì che ci fosse l’evoluzione successiva. Ha permesso tutto il resto. Ed è un raggiungimento straordinario, proprio perché ha creato qualcosa che prima non esisteva. Lo ha fatto, aggiungerei, tutto da solo. Non aveva alle spalle la forza della coesione di un gruppo, ma ha affrontato ogni cosa contando esclusivamente su sé stesso.
Se parliamo di rock ‘n’ roll non possiamo non citare Chuck Berry, Little Richard e Jerry Lee Lewis. Ma Elvis cosa aveva in più rispetto ai suoi colleghi degli anni ’50?
Quello che colpisce studiando il fenomeno Presley è sicuramente la velocità con la quale è diventato una stella e la potenza del suo messaggio, anche al di là del solo panorama musicale. Quanto al primo aspetto, ricordiamo che dall’uscita del 45 giri di debutto, nel luglio del 1954, quasi esattamente 70 anni fa, sono passati di fatto pochissimi mesi prima che il successo trasformasse quel ragazzo un po’ timido del sud degli Usa in una star straordinaria. L’impatto che la sua musica, ma anche l’aspetto fisico e il modo di stare sul palco, ebbero fu altrettanto fragoroso. I musicisti che hai citato sono stati dei grandissimi, hanno sicuramente segnato un’epoca, ma Presley ha sfondato ogni quarta parete si sia trovato davanti e ha lasciato sul mondo intero un’impronta indelebile.
Ogni figura della storia del rock è legata a un luogo, da Liverpool a New York, da San Francisco a New Orleans. Per Elvis dobbiamo parlare di Memphis: quanto è stata importante per lo sviluppo e l’affermazione del personaggio?
Per comprendere un artista è sempre necessario risalire alle radici, alla formazione che ha ricevuto. Questo discorso vale ovviamente anche per Presley. La sua infanzia la trascorse a Tupelo, Mississippi, poi l’adolescenza e la vita adulta nel Tennessee. Parliamo, quindi, del sud degli Usa in un periodo storico nel quale, per esempio, la segregazione razziale era un tema scottante, veramente drammatico. E riguardava tutti. Tra gli altri, Elvis ha avuto il merito di “sdoganare” il blues, il gospel che erano generi di solito riservati al pubblico afroamericano e di metterli, letteralmente, alla portata di tutti. Il suo è stato certo un contributo importante alla lotta per l’integrazione, pur con tutte le difficoltà che un artista dell’epoca poteva incontrare nello svolgere un simile compito. Non a caso, in un passaggio della biografia, lo definisco “troppo bianco per i neri, troppo nero per i bianchi”.
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