Una miniera di notizie, sul filo di una riflessione storica obbiettiva (anche se non sempre del tutto condivisibile), questo “La saga di Casa Savoia” (Reggio Emilia, Diarkos, 2024.,e.18,00). Ampio e documentato saggio che Antonio Parisi, già direttore dell’emittente tv nazionale “Rete Mia” e del quotidiano “Il Meridiano”, e autore di vari libri d’inchiesta, esperto di storia delle grandi dinastie europee (reali e imprenditoriali, dagli Asburgo agli Agnelli), ha dedicato a “Storie e retroscena di politica, guerre, intrighi e passioni” dei Savoia. La dinastia che, al di là di tutte le possibili, legittime critiche, ha avuto il merito indiscutibile d’aver unificato l’Italia: svolgendo, per il nostro Paese, un ruolo analogo a quello dei Merovingi in Francia, dei Plantageneti in Inghilterra e degli Hohenzollern in Germania (che, però, assurse a Stato unitario solo 10 anni dopo l’Italia).
Le prime notizie certe sui Savoia (termine che, in antico celtico, significava “terra degli abeti”) risalgono all’ XI secolo, quando il conte Umberto Biancamano (citato, per la prima volta, in un documento del gennaio dell’anno Mille). uno dei piu’ importanti dignitari della corte di Borgognona (la cui regione storica si trovava a cavallo delle attuali Francia, Italia e Svizzera, con centri principali le città di Ginevra e Lione), alla testa degli eserciti fedeli al re di Borgogna Corrado II e al Sacro Romano Imperatore Enrico II. sconfigge Oddone di Champagne,. altro pretendente al trono borgognone. Per ricompensare Umberto (nome, questo, che, per incredibile coincidenza storica, accomuna fondatore e ultimo grande rappresentante – Umberto II – della dinastia Savoia), Corrado II lo fa signore di vasti territori tra il Lago di Ginevra, il corso del fiume Rodano, Belley e Chambéry. Inizia così, la storia di Casa Savoia: sin dall’inizio, inoltre, forte di una posizione strategica sui valichi alpini occidentali.
Sfilano, nella ricostruzione di Parisi, le figure piu’ significative di Casa Savoia dal Medioevo sino al Sette- Ottocento: colte anche nei loro aspetti umani. Inizia, poi, l’epopea risorgimentale: l’Autore focalizza – soffermandosi su particolari inediti – le figure di Carlo Felice, Carlo Alberto, Vittorio Emanuele II, e i complessi giochi di potere che vedono, come loro comprimari, Cavour, Mazzini (che solo nel 1868, pochi anni prima di morire, sarà amnistiato dalla condanna a morte comminatagli dal Regno di Sardegna, in quanto strenuo avversario della monarchia, nel 1857), Garibaldi. Sulla questione, poi, della vera natura della “Conquista del Sud” (giusto, logico passo avanti sulla via della piena unificazione nazionale o imperialistica espansione della casa Savoia, in combutta con grandi potentati esteri, specie britannici, perpetuante la storica subalternità meridionale?), Parisi si mantiene il piu’ possibile obbiettivo: a piu’ di 160 anni dall’ Unità d’Italia, è indispensabile proseguire la lettura critica di quanti piu’ documenti e carteggi di quei decenni è possibile, evitando di scivolare ancora nell’agiografia, tanto risorgimentale-sabauda quanto neoborbonica.
Ed eccoci al “Secolo breve”, e alla sua cupa notte di guerre e genocidi. “In medias res” della seconda guerra mondiale, l’ Autore si sofferma, tra l’altro, sui complessi, incredibili retroscena della nostra entrata in guerra a giugno del ’40: secondo la vulgata ufficiale, decisi da un Mussolini schierato senza riserve al fianco di Hitler e da un Vittorio Emanuele III smanioso di potere e di conquiste territoriali. Ma che fine hanno fatto – si chiede Parisi – anzitutto le lettere che sarebbero state inviate nel ’40, prima del 10 giugno, dal Presidente francese Lebrun, tramite il Vaticano, a Vittorio Emanuele III, per sollecitare un nostro intervento in guerra a fianco della Germania, onde moderarne le pretese in caso di vittoria (lettere la cui esistenza fu confidata dallo stesso Umberto II , nel 1979, in un’intervista fattagli dal giornalista RAI Nicola Caracciolo)? Inoltre, quali segreti conteneva il memoriale (non un semplice diario) che, secondo autorevoli testimonianze di membri di Casa Savoia, politici e giornalisti, VIttorio Emanuele III avrebbe scritto tra Regno del Sud ed esilio ad Alessandria d’Egitto, soffermandosi su temi come Marcia su Roma, guerra mondiale, 25 luglio-8 settembre e vicende sino al 2 giugno 1946, e personaggi come Giolitti, Mussolini, Grandi, Badoglio, De Gasperi e Sforza?
L’ultima parte del saggio è dedicata alle vicende ancor oggi poco chiare, obbiettivamente non in linea con gli ideali democratici della Repubblica del ’46, poi ufficialmente confermati dalla Costituzione del ’48. Il referendum istituzionale fu il 2 giugno 1946.Perchè il ministro dell’Interno, il socialista Romita, tenne segreti i risultati di 34.112 sezioni sino almeno alla notte del 4 giugno? E perchè De Gasperi, con lettera autografa al ministro della Real Casa, Falcone Lucifero, del 4 giugno, affermava di ritenere la monarchia probabile vincitrice? Come, e perchè, il Consiglio dei Ministri, senza attendere la decisione definitiva della Corte di Cassazione, la notte tra il 12 e il 13 giugno esautorò Umberto II (che partì per il Portogallo il giorno dopo), trasferendo i poteri ad Alcide De Gasperi come Capo provvisorio dello Stato (mentre, negli stessi giorni, a Napoli, piu’ di 9 giovani monarchici restavano uccisi dal fuoco della polizia, durante le proteste davanti alla sede del PCI in Via Medina)?
Chiude il libro un capitolo sui movimenti monarchici dopo il 2 giugno del ’46: con speciale attenzione alle vicende dell UMI, Unione Monarchica Italiana, e del Fronte Monarchico Giovanile, e a suoi dirigenti come Sergio Boschiero, lo stesso Antonio Parisi e l’altro giovane Antonio Tajani.
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