Recensione di Versi di vento - Audrey Hepburn di Alessandro Ruta
21 Giugno 2024

Nel libro “Audrey Hepburn” (Diarkos editore, 2021) Alessandro Ruta, giornalista e scrittore, ricostruisce la storia di un’attrice che nell’immaginario collettivo è “simbolo di grazia ed eleganza, modello di stile, fascino e intelligenza”. “Una diva per nulla capricciosa che alla mondanità preferiva la calma e la normalità della sua amata Svizzera dove spesso si rifugiava per ricaricarsi”. Una donna piena di ferite e fragilità. L’infanzia segnata dalla guerra, dalla fame, dalle persecuzioni naziste e dall’abbandono del padre. Povertà e privazioni che la toccarono nel corpo (esile anche per via di un rapporto ambivalente col cibo) e nell’animo (quando scelse di lasciare la sua brillante carriera cinematografica per dedicarsi agli altri attraverso l’impegno con l’Unicef). Una “farfalla di ferro” che, nonostante le sofferenze della vita, cercava sempre il lato positivo delle cose, anche grazie a quei suoi “grandi occhi” che, nell’epoca delle pin-up, furono il suo rivoluzionario strumento di seduzione, unito ad una classe innata e ad un portamento regale che la fecero adorare dagli stilisti che su di lei crearono capi e accessori divenuti iconici (il tubino nero, la collana di perle, i cappelli, le amate ballerine). “Sensibile e malinconica” inseguì fortemente il desiderio di maternità, preferendo la natura e il silenzio al lusso e alla vanità e scoprendo un po’ alla volta che aiutare gli altri sarebbe stata la sua missione più importante. Un’eterna ragazza” arrivata al successo per caso che costruì con serietà una carriera costellata di premi e film intramontabili.

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