Intervista: I Maldini - Bibliocalcio
17 Luglio 2024

É appunto con grande precisione che Alessandro Ruta sfrutta un grande lavoro di ricerca per fare un prezioso rendiconto della carriera dei tre protagonisti, incentrando con grande sentimento e cura del dettaglio la sua attenzione su Cesare e Paolo, dando degli stessi una descrizione completa dell’uomo e del calciatore, finendo per raccontare una vera e propria epopea in modo alternativo e senza dubbio coinvolgente. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Come nasce l’idea del libro e come hai organizzato il lavoro di ricerca?

L’idea nasce da una mia proposta fatta a Diarkos e che la casa editrice ha accettato con entusiasmo. Una proposta fatta proprio mentre il Milan, o meglio la nuova dirigenza, stava separandosi da Paolo Maldini.

Hai giustamente dedicato molto spazio alla figura di Cesare Maldini, personaggio leggendario del nostro calcio: credo che sia per certi versi sottovalutata la sua importanza come giocatore e come allenatore?

Di Cesare Maldini è passata l’immagine di uomo un po’ rimbambito, di uno con la balbuzie che non capiva quasi niente di calcio, eliminato al mondiale 1998 ai rigori per non aver schierato insieme Roberto Baggio e Del Piero. Come calciatore poi si sapeva anche meno, visto che aveva giocato in un’era troppo lontana, quasi impolverata, in bianco e nero. Spulciando la sua carriera invece ho scoperto intanto un uomo brillante, cresciuto in una città speciale come Trieste e in un quartiere ancora più speciale come Servola. E poi un calciatore di grande classe, unico nel suo genere, modernissimo già allora.

Anche per le “maldinate” possiamo ritenere l’interpretazione del ruolo di libero di Cesare moderna e avanti con o tempo?

Le “maldinate” intanto sono state pochissime nel corso della sua carriera. Ma poi proprio per questi suoi “svarioni” dimostrava di essere avanti rispetto al suo tempo; nato terzino, riconvertito libero, capitano di un Milan che fece storia.

Come giudichi il rapporto tra Cesare e Paolo quanto il primo allenava il secondo?

Non ti dico che Paolo fosse intimidito da suo padre, di cui peraltro ignorava i successi da calciatore all’inizio, ma di certo nei confronti di Cesare ha avuto sempre un enorme rispetto, consapevole di dover seguire i suoi insegnamenti specie per costruirsi la carriera da giocatore professionista.

Per Paolo il cognome Maldini é stato più un peso o un punto di forza per continuare a migliorare ed imporsi?

Forse né uno né l’altro. Come detto lui della carriera di suo padre conosceva pochissimo, nel momento in cui Paolo entra al Milan, con quel celebre provino a Linate, Cesare è reduce da tre esoneri/dimissioni da allenatore di Serie B e non è ancora entrato nello staff di Bearzot in nazionale. Crescendo forse può aver subito le pressioni del raccomandato, ma era talmente più forte del resto della concorrenza che credo fosse destinato a emergere. Ma poi il primo a non far pesare il cognome sul figlio era proprio Cesare.

Sempre in riferimento al leggendario numero 3 ti chiedo se sia stato più importante per la sua crescita Sacchi, oppure Capello o Ancelotti?

In realtà tutti e tre sono stati fondamentali nella crescita di Paolo, l’ha specificato lui stesso in vari interventi. Sacchi lo ha trasformato in un terzino completo e straripante, Capello gli ha dato la consapevolezza di poter giocare ovunque in difesa e con il suo vecchio compagno di squadra Ancelotti ha gestito la parte finale della sua carriera spremendo sempre il meglio di sé.

Al netto di inutili paragoni credi che Daniel Maldini possa fare ulteriori salti di qualità?

Dei tre Maldini del libro lui è l’unico “non difensore”. Daniel pare che abbia preso molto da mamma Adriana, che è venezuelana, quindi sudamericana; non ha l’austerità e la presenza quasi imperiale dell’austroungarico Cesare che poi l’ha passata chiaramente a Paolo. Il talento c’è, fossimo negli anni 80-90 sarebbe titolare inamovibile, credo, in una buona squadra di Serie A. Però oggi se vuoi fare la punta o il trequartista in A devi anche sapere dare anche le sportellate e in questo secondo me Daniel sta ancora un po’ soffrendo. Certo, quando è stato bene, penso soprattutto allo Spezia e nel breve scorcio con il Monza, ha saputo fare la differenza. E non dimentichiamo che segnò un gol decisivo per lo scudetto milanista del 2022.

Attendendo di aggiornare la storia con le gesta di Daniel ti chiedo come credi verrà ricordata l’epopea dei Maldini negli anni a venire?

Ah, lo spero anche io! Sta di fatto che tre quarti dei titoli vinti dal Milan sono arrivati con almeno un Maldini presente, a tutti i livelli (Cesare fu osservatore di Rocco dopo aver smesso e poi responsabile degli osservatori oltre che allenatore, Paolo giocatore e dirigente). Il peso di questa famiglia nella storia rossonera, ma in generale nel calcio italiano, credo parli da sé.

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