Libri Miti dell’antico Egitto, di Rebecca Stagno | Recensione Eroicafenice
8 Novembre 2024

Rebecca Stagno, divulgatrice di tematiche di religioni antiche e collaboratrice presso svariate riviste scientifiche, ha dato alle stampe il volume Miti dell’antico Egitto. Dèi, religione e sapienza del popolo del Nilo (Diarkos, 2024), un saggio in cui l’autrice sembra trasferire nel campo dell’egittologia metodi di ricerca multidisciplinari che tengono conto dei risultati scientifici che si riferiscono alla storia delle religioni, elementi di archeologia e di antropologia.

Tale fattore è evidenziato anche nella Prefazione di Barbara Faenza, in cui è affermato che Rebecca Stagno ha il «merito di aver operato una comparazione tra pensieri religiosi e mitologie di diverse civiltà per trovare analogie archetipiche» (p. 11). Affondando, dunque, le mani nelle sepolte radici dell’inconscio collettivo di junghiana memoria, Rebecca Stagno riporta alla luce l’attualità di un pensiero antico, presentando un libro di agevole e di interessante lettura.

Rebecca Stagno, Miti dell’antico Egitto: uno scavo nella cultura egizia

Il libro di Rebecca Stagno pone subito l’attenzione su un assunto ritenuto necessario per far riemergere la cultura religiosa egizia dalla marea dei secoli: a differenza, per esempio, di quanto accade nel monoteismo finalizzato esclusivamente alla estrema salvazione, gli egizi uniformavano l’intero arco vitale ad un senso di religiosità, nella sua considerazione ciclica del tempo e nel suoi intendere la vita come un prepararsi all’affrontare la morte, principio e fine di ogni fenomeno. Partendo da tale considerazione, il volume Mito dell’antico Egitto procede nella sua ripartizione. 

Nella prima sezione, Storia religiosa dell’antico Egitto, Rebecca Stagno comincia il suo scavo da un excursus di carattere storico allo scopo di far osservare al lettore l’evoluzione della cultura religiosa egizia, per poi approdare, nella seconda e nella terza sezione, I miti egizi e Gli dèi, centrali del volume, in cui vi sono trascritti i miti e analizzate le diverse deità. La quarta sezione, La relazione con il divino, affronta il nodo indissolubile tra la vita quotidiana e il divino; particolarmente interessanti sono parse le pagine dedicate alle feste sacre, alla devozione popolare e alla magia, elementi caratterizzanti della religiosità, utili per osservare l’integrale sovrapposizione tra vita e culto religioso. La quinta sezione, Vincere la morte, affronta la tematica funeraria percepita dagli antichi egizi e il significato che essa assume; abbandonando l’intento compilativo retrostante in buona parte del volume, in queste pagine Rebecca Stagno sfata il mito che vede negli egizi un popolo dedicato al culto della morte. Tutt’altro: il morire era visto come un passaggio tragico, ma obbligato, come accade per tutti gli uomini di tutte le epoche, per questo l’uomo egizio era pienamente consapevole del valore della vita tanto da affrontarla con un  carpe diem oraziano ante litteram. In tal senso, pare opportuno porre l’attenzione sulla fenomenologia funeraria dell’antico Egitto: il processo di mummificazione e di costruzione delle piramidi quali maestosi mausolei, riflette l’autrice, non è da intendersi come volontà di permanenza nel mondo, piuttosto come consapevolezza tangibile di impermanenza in esso; tali fenomeni hanno, dunque, il fine di proiettare il defunto, dotato di un nuovo corpo di luce, nella dimensione ultraterrena.

Dopo aver affrontato tale riflessione sul trascendente, Stagno chiude i Miti dell’antico Egitto con una interessante riflessione su come la cultura egizia abbia influenzato quella ad essa posteriore: nella sezione Il mito dell’Egitto immaginario, vi sono rapidi cenni alla diffusione di quella che Plutarco definì come “moda egizia” presso i greci fino al declino dei culti iniziati isiaci nell’antica Roma cristiana; passando per il Medioevo e per l’epoca moderna, l’autrice giunge fino ai giorni nostri, con riferimenti in prevalenza alla cinematografia. 

Il volume di Rebecca Stagno si configura come un piccolo tesoretto per coloro che aspirano a conoscere il pensiero egizio, esaustivamente esposto; la nutrita bibliografia post-posta al saggio sostiene il discorso e offre spunti per approfondire tematiche e argomenti che suscitano la personale curiosità del lettore. Insomma, Miti dell’antico Egitto è un libro ben costruito che, forse per suggestione personale, affronta con stile saggistico quel sostrato culturale che, sia pur da una prospettiva di crisi della spiritualità tutta contemporanea, Mika Waltari riuscì a trasferire in quel capolavoro che è Sinuhe l’egiziano del 1945 (ispirato all’opera di origine egizia Le avventure di Sinuhe), in cui emerge il profondo legame tra la vita bramata e assaporata attimo per attimo, nonostante le vicissitudini affrontate dal suo protagonista, e la tenace resistenza alla morte, sostenuta da una sua accettazione qual forma di passaggio da una dimensione di impermanenza ad una di trascendente immanenza.

I bei libri, insomma, volontariamente o involontariamente, parlano sempre di altri bei libri.

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