Sei lezioni di economia. Conoscenze necessarie per capire la crisi più lunga (e come uscirne) su Linkedin
16 Ottobre 2020

Sei lezioni di economia. Conoscenze necessarie per capire la crisi più lunga (e come uscirne)

Quando ho letto il libro di Sergio Cesaratto* ho riassaporato ricordi di un passato un po’ lontano, quando, ancora studente universitario, mi preparavo all’esame di economia politica – si chiamava ancora così, anche se oggi molti preferiscono “economia”, sulla scia dell’inglese economics, marcatamente robotico e abusivamente matematico. Dicevo che questo libro mi ha riportato indietro nel tempo, quando si studiava ancora l’economia politica in maniera critica: i classici, i neoclassici, i keynesiani, i monetaristi e qualche altro economista appartenente perlopiù alla sfera eterodossa. Il mio professore, Giovanni Caravale, aveva strutturato il suo corso secondo quattro diversi approcci, che riflettevano le visioni di differenti autori. Non il classico manuale di economia, quello che impartisce monoliticamente il sapere economico secondo l’unica visione dominante (cioè, quella marginalista), ma diversi libri di spiriti diversi, che esaminavano in maniera critica i vari modelli della letteratura economica. Come non ricordare, ad esempio, Teoria economica di Augusto Graziani e la sue Note bibliografiche alla fine di ogni capitolo? Ed è proprio a questo che ripensavo, rileggendo la Guida bibliografica del bel libro di Cesaratto, Sei lezioni di economia, condito anche di sana ironia. Non il classico manuale in alcuni tratti incomprensibile e altamente soporifero, ma un libro agile – nonostante le sue 444 pagine – dove l’economia viene spiegata in maniera accessibile ma senza abbandonare il rigore scientifico. Pochi grafici semplici, niente equazioni strane. Solo la volontà di spiegare gli eventi di oggi alla luce dei modelli economici del passato e del presente. Dalle Teorie del sovrappiù di marxiana memoria a Schäuble, e poi dal Minotauro globale di Varoufakis a Adam Smith, e ancora da Ricardo il vizioso a Marx il ricardiano, da Sraffa il simultaneo a Keynes il copernicano, esaminando con doviziosa attenzione la discussa economia marginale. Particolarmente interessane e utile, poi, ai fini dell’indagine definita dal sottotitolo del libro (Conoscenze necessarie per capire la crisi più lunga (e come uscirne)) sono le ultime tre lezioni: quella sulla moneta, l’oggetto più misterioso dell’economia; l’analisi congiunturale dagli anni Settanta fino all’austerity; la politica monetaria della BCE e l’arcano di TARGET2, il sistema di pagamenti dell’Eurozona. Con grande onestà intellettuale, l’autore espone le cause che portarono alla crisi, come anche le ragioni che portarono l'Italia ad aderire al progetto Euro, sconsigliato da moltissimi economisti già dagli anni Cinquanta. Cesaratto, uomo dichiaratamente di sinistra, non ha difficoltà a denunciare “una classe tecno-politica di centro-sinistra che voleva porre fine al disordine economico-sociale del decennio trascorso” aderendo alla moneta unica, governata dalle politiche della teoria dominante (cioè, liberista). La costruzione europea è destinata a sfaldarsi perché poggia su basi non solide. Scrive il nostro autore:

In Europa si è fatto l’azzardo di anteporre l’unificazione monetaria a quella politica col risultato, catastrofico, di aver allontanato quello che doveva rimanere un obiettivo graduale e di lunghissimo periodo, ovvero l’unificazione politica. Fra i popoli europei non c’è solidarietà politica. Non c’è all’interno dei singoli Paesi – dei veneti verso i calabresi, dei catalani verso gli andalusi, dei fiamminghi verso i valloni, fra Germani ovest e est e si potrebbe continuare. Di che parliamo dunque. Chi blatera di Europa federale, solidarietà ecc. è un illus*, o in cattiva fede. Il principe degli economisti liberisti, Hayek (1899-1992), lo scrisse chiaramente nel 1939. Un’Europa federale redistributiva non è possibile, l’unica Europa possibile è quella fondata sul laissez-faire. La più coerente europeista è infatti la Bonino, che è una liberista e alla quale quest’Europa va benissimo – anzi ne vorrebbe di più in quanto veicolo di liberismo.

Dunque, quella di un’Europa unita, cioè, degli Stati Uniti d’Europa è solo un’illusione o un inganno. Un sistema a moneta unica tra Paesi così diversi come quelli europei non può funzionare: “la flessibilità del tasso di cambio è infatti un buon lubrificante nelle relazioni economiche fra Paesi con caratteristiche economico-istituzionali diverse, come accade fra i Paesi europei.” Insomma, uscire dall’Euro per uscire dalla crisi.

*Sergio Cesaratto insegna Politica monetaria e fiscale europea ed Economia internazionale presso l’Università di Siena. È uno dei più noti economisti “eterodossi” internazionali.

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