«Anschluss, L’annessione: ecco come la Germania Ovest si approfittò dell’Est con la riunificazione» . Intervista a Vladimiro Giacchè su Berlino Magazine
17 Novembre 2020

L’economista e saggista Vladimiro Giacché ci spiega come il presente della Germania sia legato a doppio filo con un passato recente gestito cercando di massimizzare gli interessi dell’Ovest

Anschluss è la parola universalmente usata per raccontare l’annessione dell’Austria al Terzo Reich di Hitler nel 1938. Utilizzarla per definire il processo che ha portato alla riunificazione tedesca del 1990, un processo troppo spesso superficialmente descritto come un grande momento di pacificazione e solidarietà, significa volere cercare di andare oltre le apparenze e capire come le crepe di allora siano legate a doppio filo con il presente sia della Germania che di tutta l’Unione Europea. Del resto, anche da un punto di vista giuridico, non si può parlare di riunificazione visto che formalmente, si trattò dell’inglobamento territoriale dei cinque Länder orientali e di Berlino Est all’intero della Germania Ovest accettandone anche la Costituzione. Lo racconta perfettamente il celebre economista e saggista Vladimiro Giacché in “Anschluss. L’annessione” recentemente ripubblicato e aggiornato (la prima edizione risale al 2013). «Nel gennaio del 1990, Hans Modrow, allora presidente del consiglio della Germania Est, propose un avvicinamento graduale tra le due Germanie evitando quella “terapia shock” poi adottata. Era una proposta ragionevole, ma con due difetti: non faceva gli interessi delle imprese e delle banche della Germania Ovest, alle quali non pareva vero di potersi vedere spalancato da un giorno all’altro un mercato di 16 milioni di abitanti sbaragliando la concorrenza locale, come poi avvenne con l’unione monetaria, e che prevedeva una Germania neutrale, fuori sia della Nato che del Patto di Varsavia. In ogni caso, a questa proposta mancò anche l’appoggio di Gorbaciov. Fu quindi abbandonata praticamente subito in favore di un’unificazione a tappe forzate».

Anschluss. L’annessione, le premesse di una storia squilibrata di cui già si aveva consapevolezza all’epoca

«Circa 10 anni fa Matthias Platzeck, allora presidente del Land del Brandeburgo, per parlare della riunificazione in un’intervista allo Spiegel usò la parola Anschluss. Scatenò un putiferio. Questo libro però nasce da un numero, anzi da un rapporto: 1 a 4,44. Si tratta del cambio tra il marco ovest e marco della Germania Est al quale venivano regolate le transazioni commerciali tra le 2 Germanie nel 1988/9. Ho trovato questo rapporto nel libro di Edgar Most, un banchiere della Germania Est – era vicepresidente della Staatsbank der DDR – che è stato anche il protagonista della vendita a Deutsche Bank della rete di filiali della banca di Stato della Germania Est dopo la caduta del Muro. Sapendo che l’unione monetaria tra Germania Est e Germania Ovest nel luglio 1990 è stata realizzata al cambio di 1 a 1, ho pensato che quel rapporto citato da Most fosse falso. Chiunque mastichi un po’ di economia sa infatti che se tra due paesi vige un rapporto di cambio di  – semplifichiamo –  1 a 4,5 – cioè: 4,5 marchi est equivalgono a 1 marco ovest., e di colpo si passa a 1 a 1, quel passaggio equivale a un rincaro del 350% del prezzo dei prodotti fabbricati nel paese che aveva la valuta più debole. Un’enormità. Ho approfondito la ricerca e ho dovuto constatare che quanto detto da Most era vero. Questo ha cambiato il mio modo di leggere l’unificazione tedesca. L’unione monetaria sarebbe stata comunque un azzardo pericoloso in termini economici. Di recente, preparando la seconda edizione del mio libro, ho scoperto che un report del ministero federale per i rapporti intertedeschi aveva messo nero su bianco questo giudizio nel gennaio 1990, pochi giorni che la proposta dell’unione monetaria fosse lanciata da Kohl. Ma a quel tasso di conversione era chiaro che essa avrebbe significato la distruzione dell’intero patrimonio industriale della ex Germania Est. Ciò che in effetti accadde. Di norma si ritiene che la catastrofe economica del 1990/1 in Germania Est sia stata causata dal fatto che le imprese tedesco-orientali fossero non competitive. Ora, la competitività è il prodotto di diversi fattori: ma è chiaro che un apprezzamento del cambio del 350% non è precisamente il modo migliore per accrescerla. Se una Fiat costa 20mila euro e ha problemi di mercato, venderla a 70mila euro verosimilmente non accrescerà le sue quote di mercato».

I vantaggi di un’unione monetaria tedesca per l’allora Germania Ovest

«Ovviamente, questo modo di vedere le cose è molto distante dall’opinione corrente, secondo cui la Germania Ovest avrebbe soccorso una Germania Est agonizzante economicamente. Il quadro diventa molto diverso: al centro c’è un’unione monetaria ed economica fatta in fretta e furia per accelerare il percorso verso l’unione politica, trascurando completamente le conseguenze economiche, o pensando di poterle superare agevolmente. Purtroppo, però, l’economia ha le sue leggi e non guarda in faccia nessuno. Questa situazione è molto più sorprendente e difficile da spiegare se si segue la narrazione ufficiale, quella di un paese distrutto economicamente che viene soccorso e avviato su un percorso di rapida crescita grazie agli ingentissimi capitali regalati dall’Ovest. Ma anche in questo caso i numeri purtroppo ci dicono una cosa diversa: i tassi di crescita in quella parte della Germania dalla riunificazione in poi sono inferiori a quelli di tutti i paesi dell’Est europeo negli ultimi 30 anni».

Come le decisioni dell’epoca condizionano il presente degli ex territori della Germania Est

«I risultati a cui mi hanno condotto le mie ricerche sul modo in cui è stata condotta l’unificazione tedesca, l’unione monetaria, che dal mio punto di vista è il peccato originale, ma anche la privatizzazione – di fatto svendita – delle imprese tedesco orientali da parte della Treuhandanstalt e altri aspetti giuridici dell’unificazione di cui parlo nel libro, rendono la situazione attuale dei Länder dell’Est della Germania niente affatto sorprendente. La loro situazione economicamente difficile  – povertà e disoccupazione più elevate che all’Ovest, stipendi più bassi di un quarto nel settore privato, popolazione in costante calo, prezzo degli immobili molto più basso che all’Ovest, poche grandi imprese, ecc. –  si spiega perfettamente con le conseguenze di lungo periodo di un’unificazione che ha comportato la deindustrializzazione del paese».

Un momento di Storia di cui non si aveva pienamente coscienza all’epoca

«Io quel 9 novembre 1989 ero a Roma, facevo il servizio militare in marina da ufficiale del complemento. In quei giorni mi telefonò un collega di corso in Normale a Pisa dove studiavo economia, che si trovava allora in Germania e mi raccontò quello che stava accadendo. Pensai che stesse avvenendo un vero e proprio terremoto geopolitico, un cambiamento radicale della situazione mondiale, che non riguardava soltanto la Germania o i paesi dell’Est, ma che avrebbe investito anche noi. La cosa singolare è che anche gli stessi protagonisti non intendevano la portata di quanto stava accadendo. Se uno si rilegge le dichiarazioni di quei giorni e le memorie di diversi di loro, penso all’ex capo dello spionaggio tedesco orientale Markus Wolf, a Egon Krenz, all’epoca capo della SED, ma anche a diversi esponenti della CDU tedesco occidentale, è evidente che la portata geopolitica della fine del Muro sfuggì ai più».

Link all'intervista completa: https://berlinomagazine.com/2020-vladimiro-giacche-anschluss-l-annessione-ecco-come-la-germania-ovest-si-approfitto-dell-est-con-la-riunificazione/