Le leggende del Napoli di Angelo Rossi su Napoli.com
4 Dicembre 2020

Napoli e il Napoli. Una storia lunga 94 anni. Quasi un secolo di persone e passioni. Calciatori, allenatori, dirigenti, centinaia di nomi, dei quali però alcuni sono rimasti particolarmente impressi nell'immaginario popolare perché hanno inciso in maniera più profonda. E un motivo ci dev'essere.

É questo lo spirito con cui il giornalista Angelo Rossi ha scritto la sua storia della squadra: “Le leggende del Napoli – una città, un popolo, una squadra” (edizione Diarkos, pag. 250, euro 17). É questo lo spirito con cui l'autore ha scelto i personaggi attraverso i quali tracciare un filo ideale della passione azzurra, da Ascarelli a Maradona, da Sallustro a Mertens, passando per Pesaola, Vinicio, Sivori, Juliano, Ferrara, Careca, Hamsik, Cavani, fino ad Insigne.

C'è qualcosa di speciale che lega queste figure alla passione calcistica della città, unica fra le grandi metropoli italiane ad avere un solo cuore calcistico. Roma, Milano, Torino, Genova e da un po' anche Verona hanno diviso il pallone e il cuore a metà, in due passioni, hanno magari la squadra dei ricchi e quella del popolo, della città e della provincia, hanno il derby, in nome del quale si consumano consolidate rivalità, antipatie, contrasti quasi fratricidi.

Qui no, qui c'è da sempre una sola passione, un solo cuore ed è azzurro, come il cielo e il mare in cui ci specchiamo tutti, ogni giorno, senza distinzione.

Su questa unica passione, peraltro di dimensione planetaria, si sono inseriti, come con un vestito su misura, alcuni personaggi che hanno lasciato una traccia speciale, indelebile, condivisa. Diego Maradona ha avuto la cittadinanza napoletana, ma ci sono anche altri personaggi che, napoletani di nascita o non, la cittadinanza l'hanno avuta egualmente, idealmente, nell'anima e nel cuore di un popolo che se n'è appropriato e li ha considerati parte della città e della sua storia.

Fa parte della storia di Napoli e del Napoli innanzitutto Giorgio Ascarelli, il primo presidente che fondò la società e decise di chiamarla proprio così, col nome stesso della città, senza possibilità di equivoci, e costruì a proprie spese uno stadio nuovo che da lui prese il nome poi negatogli in epoca fascista perché era ebreo.

E ingaggiò William Garbutt, il primo grande allenatore inglese, il “mister” che aveva allenato in mezza Italia, consigliere personale di quel Vittorio Pozzo cittì bi-campione mondiale e olimpico. Garbutt, il “mister” che portò il Napoli al terzo posto in serie A, risultato rimasto ineguagliato fino al campionato 1965-66, con la guida di Bruno Pesaola, napoletano di Avellaneda, azzurro prima da giocatore e poi da allenatore, l'uomo del celebre cappotto di cammello portafortuna (anche in piena estate!) e delle mille sigarette (fumava persino negli studi televisivi!).

E Attila Sallustro, napoletano nato per caso a Montevideo, il centravanti che fece concorrenza al milanese Meazza, sposò una diva del varietà ed ebbe come ingaggio una Fiat-Balilla.

Napoletano da giocatore e poi da allenatore, come Pesaola, è stato anche Luiz De Menezes Vinicio, il leone di Rio: “Vendetevi l'anima ma non Vinicio” protestò invano lo striscione al San Paolo quando fu ceduto al Bologna.

E Totonno Juliano, il capitano, napoletano fino al midollo, di San Giovanni a Teduccio, scugnizzo azzurro cresciuto in casa; vinse poco da giocatore ma da dirigente portò a Napoli prima Krol e poi Maradona. E Sivori, l'argentino che al suo arrivo a Napoli bloccò il traffico alla stazione di piazza Garibaldi.

E la storia raccontata da Angelo Rossi continua srotolandosi ancora attraverso una serie di personaggi più recenti ma egualmente capaci di entrare nel cuore dei napoletani. La storia continua attraverso una serie di vicende, aneddoti, curiosità e date che fanno in pratica una storia molto particolare del Napoli per trasmettere attraverso questi personaggi l'idea del suo fondatore Ascarelli: una città, un popolo, una squadra.

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