Oggi, 27 gennaio, celebrando il “Giorno della Memoria” si ricorda una delle pagine più buie dell’umanità, lo sterminio di quindici milioni di persone attraverso i campi di concentramento nazisti. Una violenza senza pari perpetuata dalle SS tedesche nei confronti soprattutto di ebrei, omosessuali e oppositori politici. Nell’elenco interminabile di vittime troviamo anche il nome di un ex-calciatore viola, Vittorio Staccione, spentosi a soli 41 anni nel campo di prigionia di Mauthausen-Gusen, in Austria.
Staccione fino a pochi anni prima era considerato uno dei centrocampisti italiani più forti in circolazione. Formidabile interprete del ruolo di centromediano, esordisce col Torino, nella sua città natale; in granata passa 5 anni (intervallati da una parentesi alla Cremonese) . Poi, nel 1927, il passaggio alla Fiorentina, quattro stagioni ad alti livelli, quasi 100 partite disputate, la promozione da protagonista in Serie A e la soddisfazione di essere tra i primi nella storia ad indossare la maglia viola, utilizzata per la prima volta nella stagione 1929/30. Alla sua straordinaria grinta in mezzo al campo Staccione affianca l’impegno politico fuori dal terreno verde: proveniente da una famiglia di estrazione proletaria, insieme ai fratelli Eugenio (anch’egli calciatore) e Francesco partecipa a diverse manifestazioni popolari. Sono però anni pericolosi per manifestare il proprio dissenso politico e la volontà di Staccione si scontra contro la repressione del regime fascista, che ne limita fortemente la carriera. Dopo un trasferimento forzato a Caserta, smette a soli 31 anni nel Savoia per dedicarsi in pieno all’impegno politico. Con lo scoppio della II Guerra Mondiale e il seguente ingresso dell’Italia nel conflitto sia Vittorio che il fratello Francesco vengono considerati nemici del regime e ripetutamente arrestati e malmenati.
Le violenze fisiche non fanno desistere i due, che continuano a partecipare a diverse manifestazioni di dissenso fino al marzo 1944, quando vengono entrambi arrestati. Vittorio e Francesco vengono deportati a Mathausen con il convoglio ferroviario n.34. Lì Vittorio Staccione passerà l’ultimo anno della sua vita e, insieme ad altri protagonisti del calcio italiano come Ferdinando Valletti e Carlo Castellani, parteciperà ad alcune partite organizzate dalle SS nel campo di concentramento. L’ultima immagine che abbiamo di Vittorio è quella che apre il libro di Francesco Veltri ispirato alla sua storia, “il mediano di Mauthausen”: Vittorio Staccione, ridotto pelle e ossa, che corre dietro un pallone sul campo di Mauthausen. Morirà il16 marzo 1945 a seguito di un pestaggio di alcune guardie; pochi giorni dopo anche suo fratello Francesco farà la stessa fine. Quella di Staccione è solo una delle tante vicende che legano a doppio filo calcio e Olocausto; la sua storia è ricordata, oltre che nel libro di Veltri, anche con la presenza nella “Hall of Fame Viola”, in cui dal 2012 compare anche il nome di un mediano che si è battuto con pari coraggio sia dentro che fuori dal campo.
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