“La straordinaria storia della penna a sfera. Da László Bíró all’impero Bic” di Giulio Levi. Intervista all'autore su Letture.org
8 Marzo 2021

La straordinaria storia della penna a sfera. Da László Bíró all’impero Bic
di Giulio Levi
DIARKOS

 

László Bíró, nacque a Budapest nel 1899; figlio di padre ebreo e di madre cattolica, fu essenzialmente un inventore, anche se iniziò la sua carriera come giornalista. A lui si ascrive l’invenzione della penna a sfera, anche se non fu il primo a immaginare che il pennino potesse essere sostituito da una sferetta di metallo. Inventore prolifico, ma anche pittore e scultore di buon livello, prima degli anni dedicati allo sviluppo della penna a sfera e anche dopo essere passato ad altre attività ha collezionato una serie di brevetti nei campi più disparati, da un motore scoppio con cambio automatico a un filtro per sigarette, che peraltro hanno avuto ricadute commerciali scarse o nulle. Ma il successo commerciale gli interessò sempre molto meno di vedere realizzata una sua invenzione. Lui stesso racconta, in una autobiografia introvabile, che nella sua attività di giornalista essendo fortemente infastidito dai difetti delle penne stilografiche sentì l’esigenza di disporre di uno strumento di scrittura che non macchiasse, non si inceppasse nella carta e non dovesse essere ricaricato di continuo. Affascinato dalle rotative usate nella stampa che usavano un inchiostro che si asciugava subito, pensò di miniaturizzarle e sostituire il cilindro con una sferetta che poteva muoversi in ogni direzione. Ma la realizzazione di questa idea si rivelò assai più complessa del previsto, sia per ragioni tecniche (la difficoltà di ottenere materiali di altissima precisione e inchiostri della giusta pastosità) sia per ragioni storiche. Infatti la sua attività è stata fortemente condizionata dalle leggi anti-ebraiche promulgate in Ungheria a partire dal 1938, che lo hanno costretto a fuggire prima in Francia e poi, con l’invasione della Francia da parte delle truppe tedesche, in Argentina, dove si è definitivamente stabilito nel 1940 con un collaboratore non tecnico e infine con la famiglia. In Argentina era stato invitato da una signora conosciuta a Budapest e sposata con un imprenditore di origine ungherese. I due lo aiutarono finanziariamente ma gli imposero situazioni contrattuali capestro a cui lui si adattò sia per necessità sia per ingenuità ed eccesso di fiducia. Superando difficoltà tecniche ed economiche, momenti di frustrazione e di esaltazione, alla fine riuscì a produrre e brevettare un modello di penna a sfera, prima denominata Eterpen (penna eterna) e poi Bíróme. Una penna finalmente commerciabile di cui fu venduta la licenza di produzione alla grossa ditta americana Eversharp. Poi per anni non si occupò più che saltuariamente di penne a sfera ma continuò a lavorare per mantenere un buono standard di vita. Infatti non aveva accumulato ricchezze per le sue invenzioni, compresa la penna a sfera, anche perché non era mai corso dietro al denaro e non era stato mai un attento amministratore di quello che aveva. Si dedicò ad altre attività, non trascurando la pittura e la scultura, sue vecchie passioni, ottenne nuovi brevetti, lavorò ancora ottantenne a un progetto per il raffinamento dell’uranio per la Commissione Nazionale per l’Energia Atomica di cui era membro, tanto che in una intervista rilasciata in tarda età, dichiarò che di tutte le sue invenzioni considerava l’arricchimento dell’uranio e più in generale la separazione degli isotopi come la più importante. E non la penna a sfera, a cui aveva dedicato tanti anni della propria vita!

 

Oltre a László Bíró, altri tre uomini ebbero un ruolo cruciale nella messa a punto e nella diffusione planetaria della penna a sfera, Andor Goy, Milton Reynolds e Marcel Bich . Ovviamente intorno a ognuno di questi personaggi era presente una folla di personaggi “minori” che comunque contribuirono in maniera sostanziale a dare un’impronta alla storia della penna.

Andor Goy, anche lui ungherese, figlio illegittimo nato da famiglia povera, precocemente orfano di madre, cominciò a lavorare a 14 anni come apprendista in una ditta di macchine da scrivere. Con l’esperienza acquisita durante il suo apprendistato mise su un piccolissimo laboratorio per la riparazione delle macchine da scrivere, si face rapidamente una abbondante clientela e riuscì a ottenere una importante commessa dagli Stati Uniti: doveva riparare macchine da scrivere difettose destinate al mercato ungherese. Dato che gli affari andavano a gonfie vele, ebbe anche modo di dedicarsi alla programmazione di nuove soluzioni per migliorare l’efficacia delle macchine da scrivere. Meno estroso e più pragmatico di Bíró, è entrato nel mondo delle penne a sfera grazie alla proposta di Bíró di collaborare per il perfezionamento di un suo prototipo di penna per il momento molto difettoso. Non ostante che fosse inizialmente molto scettico intravide le potenzialità del progetto, firmò un contratto con Bíró alla fine dell’anno 1938 e iniziò a lavorare al miglioramento della parte meccanica della penna. Presto però l’attività dei due si è separata a causa della fuga di Bíró dall’Ungheria e rapidamente i loro rapporti si sono deteriorati. Al contrario di quanto successo a Bíró, la sua attività è stata condizionata dall’essere voluto rimanere in Ungheria rifiutando lusinghiere offerte di lavoro in Germania dove si era recato insieme a una delegazione del governo ungherese per illustrare una macchina da scrivere dotata di un ritorno automatico del carrello di sua invenzione. In Ungheria ha continuato a lavorare al perfezionamento della penna a sfera, producendo autonomamente una ottima penna, battezzata col nome di Gopen. Peraltro la sua attività ha subito le restrizioni imposte dal governo nazista e poi, soprattutto, da quelle del governo comunista che ha confiscato la sua officina, la sua casa e la sua automobile e lo ha portato a un’azione legale perdente contro la Compagnia che deteneva i diritti della penna a sfera brevettata da Bíró in Argentina. Tutto questo ha reso vano il successo della penna Gopen da lui prodotta.

Milton Reynolds era un imprenditore americano, fantasioso, molto attivo e senza scrupoli. Amava il rischio e aveva una vera passione per gli aeroplani. Nella sua vita tumultuosa Reynolds si imbarcò nelle imprese commerciali più svariate, dalla vendita di gomme usate per auto, all’investimento in case prefabbricate, alla vendita di materiale per insegne, passando da grandi successi a grandi tracolli finanziari. Nella primavera del 1945 gli fu mostrata una delle rare penne a sfera brevettate da Bíró esistenti negli Stati Uniti. Dopo una perplessità iniziale intuì la possibilità di un grosso successo commerciale in occasione del Natale di quell’anno, il primo dopo la fine della 2a. guerra mondiale. Si procurò l’indirizzo di Bíró e prese il primo aereo per Buenos Aires per andare a chiedergli la licenza per produrre le penne negli Stati Uniti. Saputo che la licenza era già stata venduta da Bíró alla ditta Eversharp, decise di produrre la penna pur essendo privo di licenza. Si gettò nell’impresa in tutta fretta e produsse una penna tutt’altro che priva di difetti. Ma con una campagna pubblicitaria aggressiva e senza risparmio di mezzi entrò di prepotenza nel mercato americano, battendo in velocità la ditta Eversharp e riuscì nel suo intento di vendere molte migliaia di penne alle soglie del Natale di quello stesso anno. Le sue imprese continuarono con azioni pubblicitarie stravaganti nel continente africano e asiatico, in cui si recò acquistando e riadattando aerei da guerra d’occasione. Alla fine, per evitare le conseguenze di un’azione legale per violazione di brevetto indetta da Eversharp, vendette tutto e si ritirò in Messico dove intraprese altre attività speculative di vario tipo.

Marcel Bich aveva il titolo di barone ma la famiglia era tutt’altro che abbiente. Del titolo nobiliare era stato insignito il suo bisnonno Emmanuel Bich nel 1841 da parte di Carlo Alberto, allora re di Sardegna e futuro re d’Italia, per i suoi meriti come medico e sindaco di Aosta. La famiglia era piemontese della Val d’Aosta, ma si trasferì a Madrid quando Marcel aveva 9 anni, per poi trasferirsi in Francia, dove il padre intraprese attività fallimentari. Dopo una serie di lavori modesti, nell’ottobre 1944, lui e un suo amico misero insieme i loro risparmi e fondarono la Compagnia P.P.A. (Porta penne, Porta lapis e Accessori). Per tre anni vendettero materiale prodotto da altri, ma poi Bich volle cominciare a produrre componenti in proprio. Dedicandosi tra l’altro alla fabbricazione di componenti di penne stilografiche, fondò delle piccole compagnie satelliti, comprò in Svizzera dei torni di precisione usati in orologeria e li usò per la produzione rapida di pennini. Un giorno un suo cliente gli ordinò alcune migliaia di involucri per penne a sfera e lui sconsigliò il cliente dall’immettersi in quel campo, per lui destinato al fallimento. Poi ci ripensò e nel 1948 intuì che le penne a sfera avevano una grossa potenzialità di sviluppo. Però, a suo avviso doveva essere creato un tipo di penna innovativa, senza difetti, dal bassissimo costo rispetto ai modelli esistenti, pensata per una diffusione ubiquitaria. A questo dedicò due anni di ricerche e alla fine, nel 1950, mise sul mercato la sua creazione, la penna BIC Cristal, che è quella che con qualche ulteriore perfezionamento troviamo in milioni di punti vendita a pochi centesimi e in milioni di case. Ma anche lui, come Milton Reynolds, incorse in problemi con la giustizia. Infatti nel 1952 si vide piovere addosso una citazione in giudizio per violazione di brevetto da parte di Henry George Martin che a quel tempo era manager della Compagnia svizzera Biro Patente che aveva acquisito i brevetti di Bíró. La sua intelligenza e il suo pragmatismo lo aiutarono a risolvere il problema in modo vantaggioso per le sue industrie e per lo stesso Martin, con cui fece un accordo prima di incorrere nei rischi di un processo e di cui divenne amico. Dotato di fantasia e di inventiva unite a eccezionali doti imprenditoriali, Marcel Bich ha creato un vero impero, una costellazione di fabbriche in tutto il mondo, producendo oltre alle penne BIC anche altri oggetti di ottima qualità e basso costo quali i rasoi e gli accendini BIC.

Per finire questo breve excursus, desidero citare due episodi curiosi che accomunano l’inventore László Bíró con colui che trasse il maggiore profitto dalla penna a sfera, Marcel Bich. Il primo riguarda le future suocere di entrambi, fortemente contrarie a concedere la loro figlia in moglie all’uno e all’altro, quando erano ancora agli inizi della loro attività, perché non erano ritenuti partiti che dessero affidamento per il futuro. Il secondo episodio riguarda un fallimento commerciale. Alla fine della loro vita lavorativa, entrambi pensarono di adattare il principio della penna a sfera per la somministrazione controllata di profumi di pregio. Nel caso di Bíró il fallimento dell’impresa fu dovuto a ragioni tecniche e organizzative, mentre nel caso di Bich a una errata valutazione della risposta del mercato. Chi soffrì più di questo fallimento fu Bíró che non aveva una posizione finanziaria molto solida e dovette addirittura chiudere la sua azienda. Bich era già a capo di una grossa industria internazionale e fu toccato solo marginalmente da questa impresa non andata a buon fine.

Giulio Levi è nato a Firenze nel 1937 e risiede a Roma dal 1967. Medico e specializzato in Neuropsichiatria, ha lavorato per 40 anni in laboratori di ricerca in campo neurobiologico, distinguendosi a livello nazionale e internazionale. Per molti anni ha coordinato la ricerca scientifica per la Fondazione italiana sclerosi multipla ed è stato membro del Consiglio scientifico della Enciclopedia dei ragazzi della Treccani. Autore dal 2004 di libri e racconti per bambini e ragazzi, ha riscosso numerosi premi in questo campo. Per maggiori dettagli: www.giuliolevi-libriperragazzi.it

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