Recensione del libro “Ciclismo – storie segrete” di Beppe Conti su Pagine di Sport
13 Maggio 2021

Recensione di A.C., giornalista, professore di italiano e latino e appassionato di sport.

Sono i giorni del Giro d’Italia. I corridori attraverseranno gran parte del Paese. Si sfideranno a cronometro, si lanceranno in volate vertiginose, saliranno sulle montagne più impegnative, sino al Pordoi, la Cima Coppi. Noi li seguiremo da bordo strada, alla radio o davanti alla televisione. Un rito collettivo che non interessa solo gli appassionati della bicicletta.

Ci sembra il momento più opportuno per presentare un interessante libro su questo sport, giunto da poco in libreria. Ci servirà a seguire meglio il Giro, ad apprezzare la fatica dei protagonisti, a capire le dinamiche che governano la corsa. 

Si tratta di CICLISMO. STORIE SEGRETE, opera di Beppe Conti con prefazione del compianto Claudio Ferretti (Diarkos editore).

Vince chi pedala di più; chi è più svelto e più forte. Tutto qui. Lo diceva il grande Alfredo Martini e lo ricorda giustamente Claudio Ferretti nella prefazione. È una sintesi estrema, per molti aspetti indiscutibile, che però non basta a spiegare il fascino del ciclismo, le passioni che esso ha saputo e sa ancora suscitare in chi lo segue. Dietro questa sintesi, infatti, si nasconde molto altro. Il ciclismo è molto altro. È sudore e fatica, anzitutto. È polvere, fame, freddo e caldo. È rischio in quelle discese estreme che fanno venire i brividi anche solo a seguirle alla televisione. Questo è ciò che si vede, quello che tutti sanno. Ma poi c’è il ciclismo nascosto, con le sue storie segrete, i suoi misteri, le sconfitte imprevedibili e le vittorie a sorpresa che non possono essere sempre giustificate dall’assioma di Alfredo Martini. Di questo ciclismo nascosto parla questo libro, come bene esplicitato dal sottotitolo: «Retroscena, tradimenti e accordi proibiti dei campioni del passato e dei giorni nostri».

Il ragionamento di base di Beppe Conti, che al ciclismo ha dedicato la sua attività giornalistica, è semplice: «L’idea e l’intenzione – scrive nell’introduzione – sono state quelle di raccontare alla gente le storie che ci raccontiamo di consueto fra noi. Fra noi privilegiati al seguito delle carovane del ciclismo». Insomma, dice Conti, è giusto che questo ciclismo segreto sia fatto conoscere a tutti. Perché – è il suo pensiero – il ciclismo è metafora della vita. E così va letto. Anzi spesso va interpretato come una partita di poker o di scacchi «con tanto di bluff, di accordi, di mossa a sorpresa, dove non conta soltanto la forza bruta, la potenza, ma prevale in più occasioni l’astuzia, l’intelligenza, la personalità dell’individuo e la sua genialità». È questa la bellezza del ciclismo, la sua leggenda che, soprattutto nei tempi eroici delle origini, presenta pagine davvero affascinanti.

Il libro parte da lontano, addirittura dal Tour de France del 1904, il secondo della storia, che sarebbe anche potuto essere l’ultimo perché, a causa di ripetuti disordini, gli organizzatori decisero che non era il caso di proseguire; poi, per fortuna, cambiarono idea. E si chiude, il libro di Conti, con l’ultimo grande campione italiano, Vincenzo Nibali. Una corsa lunga più di un secolo, con tanti campioni, tanti episodi, tanti segreti da svelare, di cui qui, ovviamente, non verranno forniti i particolari. 

Chi ha una certa età, vi ritroverà i campioni della sua gioventù, rivivrà emozioni d’altri tempi, magari scoprirà la spiegazione di episodi misteriosi che non aveva mai compreso. Ma il libro può risultare interessante anche per i più giovani, perché è un racconto piacevole, mai eccessivamente tecnico, che fa leva soprattutto sugli aspetti umani del ciclismo e dei suoi protagonisti. «Lo sport della bicicletta – scrive ancora Beppe Conti – è innanzitutto storia di uomini, con le loro debolezze, espedienti e traffici per raggiungere a tutti i costi una meta. Come accade spesso nella vita di tutti i giorni». Niente di strano, dunque, che ci siano tradimenti, litigi, raggiri non solo tra corridori di squadre e nazionalità differenti, ma anche tra compagni di squadra.

In effetti uno degli aspetti che dominano il libro è quello delle grandi rivalità fra campioni. Tra Gino Bartali e Fausto Coppi, certamente; ma anche tra Coppi e Magni, tra Bartali e Magni. E poi, per restare in Italia tra Moser e Saronni, la rivalità più forte e non solo sportiva, sino ai contrasti tra Bugno e Chiappucci. Ma non meno aspre sono state alcune rivalità tra campioni stranieri; quella fra Anquetil e Poulidor in Francia, ad esempio, o tra i tanti cavalli di razza del Belgio. Rivalità assolute, persino autolesionistiche, perché spesso questi campioni persero delle corse anche importanti purché non vincesse il rivale. 

Se pure di sfuggita, il libro tocca il tema del doping, da quello un po’ empirico degli anni cinquanta sino a quello ben più pericoloso in periodi più recenti, con una attenzione particolare per i due grandi «gialli» del Giro (così li definisce Conti): quello di Merckx nel 1969, e quello di Marco Pantani nel 1999, con alcune spiegazioni davvero interessanti.

Godibili le ricostruzioni, con qualche particolare non notissimo, di alcune grandi imprese. Ne citiamo solo due, entrambe riferite al Giro. Quella di Coppi contro Koblet sullo Stelvio nel 1953: «Un uomo solo al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi» esclamò quella volta alla radio Mario Ferretti, padre di Claudio, e Beppe Conti giustamente lo ricorda. Oppure l’impresa del lussemburghese Charly Gaul sul Monte Bondone, nel 1956: «Scalava le vette con la leggerezza di un angelo, irresistibile per tutti» sintetizza Conti.

Chiude il libro un’interessante appendice con «le principali vittorie che hanno reso celebri i campioni» di cui parla il libro, da Alfredo Binda a Vincenzo Nibali. 

Con l’augurio che altri campioni, anche italiani, possano ripetere le imprese di quelli che li hanno preceduti e mantenere sempre vivo l’interesse e la passione popolare per il ciclismo.

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