CENTO ANNI DI PASOLINI: CONOBBE IL FUTURO – di Giacomo Carioti di DiStampa
7 Marzo 2022

Ho conosciuto Pier Paolo Pasolini. La mia prima intervista la feci a sedici anni, da velleitario redattore del giornale studentesco “La Nuova Voce”.

Riuscii ad avvicinarlo grazie alla pubblicazione, in un precedente numero, di una mia recensione de “Il Vangelo secondo Matteo”. Una recensione certamente ingenua, scritta da un ragazzo appena capace di confrontarsi criticamente con un’opera d’arte cinematografica, per quanto da tempo assiduo frequentatore dei cinema d’essai di Roma. Sta di fatto che quando mandai a Pasolini quella paginetta, gli piacque, ed accettò di essere intervistato.

Negli anni seguenti riuscii a fare professionalmente il giornalista, e tornai più volte ad intervistarlo sulle pagine de “Il Dramma”, all’epoca la più importante rivista di cultura e spettacolo, diretta da Maurizio Liverani. Da una di queste interviste (che pubblicai sotto sintetica forma di “opinione raccolta”, insieme a quella di molti altri personaggi, per una inchiesta sul cinema italiano, e nel corso della quale mi disse, prima ancora di scriverlo, “sul malaffare e sulle stragi io so tutto, ma non ho le prove per dirlo”) nacque in Pasolini l’idea di farne, sulla falsariga, una serie sulle pagine del Corriere della Sera: i famosi “Scritti Corsari”.

La mia ultima intervista, corretta di suo pugno (poiché nel frattempo Pasolini era diventato molto diffidente nei confronti della stampa…), non fu immediatamente pubblicata, poiché, a seguito della sua scomparsa, mi sembrava di mercificare, approfittando mediaticamente del tragico evento. La ripresi anni dopo, pubblicandola integralmente sulla rivista “Machina” da me fondata e diretta.

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