IO, ELVIS A cura di Ilaria Solazzo per News Magazine Italia
18 Marzo 2022

Si tende spesso a sottovalutare l’importanza della musica e delle figure che l’hanno resa una delle forme d’arte più amate dall’uomo fin dalla notte dei tempi. Tuttavia, anche nel campo musicale esistono dei nomi che fanno indiscutibilmente parte della storia, non solo per il loro successo e i milioni di dischi venduti ma anche per l’enorme impatto culturale che hanno avuto su un generazioni e generazioni di individui. Uno di questi nomi è senza dubbio quello di Elvis Presley: più che un musicista o un artista, una vera e propria leggenda che tutt’oggi, a oltre quarant’anni dalla morte, sembra più viva che mai… tanto che in molti lo ritengono addirittura ancora vivo. E sicuramente lo è, nel cuore di molti! Ma chi era Elvis? Tutti conoscono le sue canzoni. In questo libro edito da DIARKOS e scritto da Paolo Borgognone dal titolo “IO, ELVIS”, lo scrittore ha cercato di raccontarci la storia di “The King” da un punto di vista più umano: buona lettura!

L’8 gennaio 1935 nasceva a Tupelo, nel Mississipi, Elvis Presley.

“Capire chi fosse Elvis Aaron Presley è un’impresa lunga e faticosa. La sua vita è stata breve, certo, appena quarantadue anni, ma ricca: di passione, dischi, successi, cadute e ricadute, ragazze, film, amici, registrazioni, ossessioni, viaggi, famiglia, paure, note, avventure, generosità, religione, disperazione, automobili, pillole, amore. È una storia che dentro ha tante storie: quella del bambino che a due anni scimmiotta i grandi che cantano in chiesa, unendosi a un gospel che non comprende ancora; che, timido e impacciato a undici anni, per sbaglio o quasi, sale su un palcoscenico e scopre di starci alla grande; che un giorno entra in una sala di registrazione, spaventato e sfrontato insieme, per incidere un disco da regalare alla mamma, o almeno così dice; che una volta, senza quasi accorgersene, inizia a muoversi mentre canta e lo fa in un modo mai visto, che spaventa i reazionari, manda i bigotti a pregare e cambia il mondo; che si affida come manager a un tipo strano, forse un assassino dicono alcuni, che non vive chiuso in ufficio, non mette mai la cravatta, neanche al suo funerale, e lo renderà ancora più grande; che si ritrova alla radio, in tv e al cinema, circondato, osannato, deriso, insultato, minacciato, idolatrato senza quasi capire perché. Che è troppo: troppo bianco per i neri, troppo nero per i bianchi, troppo ricco, troppo bello, troppo famoso, troppo generoso, troppo desiderato, troppo autodistruttivo; che sale sul tetto del mondo (dove si è soli anche quando si è circondati da una folla di persone) e da lì, lentamente, inesorabilmente, inizia a scivolare giù, sempre più giù, senza niente o nessuno a cui appigliarsi per attutire il colpo; che spende, spande ed è costretto a cantare e cantare e cantare quando vorrebbe, probabilmente, solo chiudere gli occhi; che alla fine, come tutti forse, ma a lui fa più male, morirà solo, l’unica condizione che gli faceva davvero paura”.

Dal libro “Io, Elvis” di Paolo Borgognone

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