Le storie maledette del calcio di Roberto Maida su SoloLibri
26 Settembre 2023

Gianluca Vialli se l’è portato via il male del secolo; Andrea Fortunato la leucemia; a Davide Astori ha ceduto il cuore; Luciano Re Cecconi e Agostino Di Bartolomei hanno contribuito con atti diretti alla loro fine; la morte di Denis Bergamini è ancora un mistero, dopo trentaquattro anni.
Delle loro vite e di altri otto colleghi dal 1967 a oggi, delle carriere calcistiche e della scomparsa parla con intensità, naturalezza e senza retorica un giornalista figlio d’arte. Roberto Maida è l’autore di un’antologia di campioni morti fuori dai campi di gioco, Storie maledette del calcio. Ciò che la telecronaca non può raccontare (Diarkos 2023, collana “Grande Sport”, 324 pagine), in libreria dalla scorsa primavera, per i tipi Diarkos, casa editrice di Sant’Arcangelo di Romagna.

“Maledette” è un aggettivo forte, si adatta solo ad alcune delle quattordici “storie”. Altre sono dolorose: pensiamo agli incidenti fatali di Gigi Meroni, Gaetano Scirea e del giovane attaccante atalantino Federico Pisani, gli arresti cardiaci di Giuliano Taccola (1969) e Claudio Garella (2022). È invece maledettissima la vicenda di Donato “Denis” Bergamini, morto suicida in Calabria nel 1989, ma più probabilmente suicidato, una pagina nera non soltanto di cronaca, anche di criminalità, a suo danno.

A ben vedere le autentiche “storie maledette” del libro sono quattro: quelle del veneziano Michele Rogliani, dipendente dall’eroina; del suicida Agostino Di Bartolomei; di Giuliano Giuliani, portiere del Napoli del secondo scudetto, contagiato dal virus Hiv e dell’incauto Re Cecconi, ucciso per legittima difesa putativa da un gioielliere romano. Entrando nel negozietto con un altro calciatore e un amico, Ceccconi aveva pensato di mettere in atto uno scherzo infantile. Al “Fermi tutti, questa è una rapina!”, l’esercente aveva fatto fuoco d’impulso verso l’uomo che fingeva di puntare un’arma dalla tasca, con un atteggiamento minaccioso.
Quattordici “esistenze spezzate”, scrive nella prefazione il direttore del Corriere dello Sport, Ivan Zazzaroni.

Maledette, perché hanno procurato dolori laceranti a mogli, figli, fidanzate, genitori, amici, tifosi, ai quali la vita aveva fino a poco tempo prima concesso il privilegio di godere emozioni, gioia, benessere. E anche perché lo sono ancora oggi, dopo anni, in particolare l’omicidio Bergamini.

Aggiunge che Roberto Maida è riuscito a trattare una materia tanto “bruciante” con una “dolcezza insospettabile”.
Dividono uno dei capitoli i portieri del Napoli di Maradona Campione d’Italia 1987 e 1990, Giuliani e Garella (crisi cardiaca, aggravata dall’obesità) e proprio Diego è il penultimo protagonista del volume (prima del tenerissimo, irresistibile Luca Vialli, scomparso di recente). Ma l’argentino sembra un intruso, troppo maradoniana la sua esistenza, diversa, sopra le righe: grandissimo fuoriclasse, uomo problematico.
Si direbbe che lo stesso autore l’abbia inserito per riconoscenza nei confronti del Pibe, che a suo tempo aveva allontanato le armi della Camorra dal padre, finito nel mirino per una serie di articoli sgraditi, sulle triangolazioni calcio-malavita-clan.
Perché Roberto è figlio di Enrico Maida, ai vertici del giornalismo sportivo della sua generazione.
Maida junior è nato nel 1976. Romano e romanista, giornalista professionista dal 2002, si occupa di sport, calcio e non solo. Ha iniziato la carriera a Tele+, è passato nella redazione sportiva di Mediaset, dal 2005 è al Corriere dello Sport, dove ha raccontato centinaia di eventi di rilievo nazionale e internazionale.
Tiene a far sapere che se dovesse scegliere un accessorio da portare su un’isola deserta, opterebbe per le sue scarpe da running: il progetto di questo libro si è affacciato alla sua mente durante una lunga sessione di corsa.

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