La poesia dell’isola di Wight. Gian Nissola intervista Guido Michelone - La poesia e lo spirito
13 Novembre 2023

Professor Michelone innanzitutto come nasce questo libro?

Me l’ha chiesto (l’editore), constatando (ma lo sapevo anch’io) che su Wight, in Italia, non era mai stato scritto né pubblicato niente, a differenza di Woodstock! Ho accettato la sfida con grande piacere perché io, personalmente, non ho mai dimenticato la storia di Wight, che non fu un unico festival ma, in origine, tre edizioni storiche consecutive 1968-1969-1970, per essere poi ripreso ininterrottamente dal 2002 sino a oggi. Il 18 giugno 2023 è terminata la nuova edizione.

Tutti ricordano il mito di Woodstock, ma, quantomeno proprio in Italia, del festival dell’Isola di Wight, si ricorda prevalentemente il brano dei Dik Dik, peraltro cover di quello di Michel Delpech

Vero, ‘Sai cos’è l’isola di Wight’ oppure ‘Wight is Wight, Dylan is Dylan, viva Donovan’ cantavano tutti tra il 1969 e il 1970. Poi più nulla. Un mito scomparso troppo presto, perché, a differenza di altri festival (Monterey, Woodstock, Altamont), non uscì il film all’epoca, film che dovette attendere il 1997 per apparire in TV e poi in DVD. Poi, in effetti, si è creata confusione o sovrapposizione fra i tre festival storici, in particolare due: il 1969, del ritorno di Bob Dylan dal vivo, e il 1970, con le ultime esibizioni di Jimi Hendrix e Jim Morrison che moriranno di lì a poco…

Chi erano gli hippies protagonisti dei primi tre festival?

Era il 99% del pubblico. Giovani, non necessariamente contestatori, anche se beneficiati dall’onda lunga del Sessantotto parigino, berlinese e in parte italiano, cecoslovacco e statunitense. L’hippy è il capellone, un po’ beat, un po’ freak, un po’ underground, tutti termini del gergo angloamericano entrati nel linguaggio giovanile mondiale da allora. Gli hippies sono via via mistici, anarcoidi, libertari, disinibiti, evoluti, primordiali, sensibili, arroganti, vivaci, giocosi e soprattutto amanti della nuova musica, all’epoca chiamata pop e non ancora rock.

Alla prima e alla seconda edizione chi erano gli artisti presenti?

Gli unici sui quali i media inglesi puntarono i riflettori nel 1968 furono i Jefferson Airplaine, esponenti del San Francisco Sound, psichedelico e impegnato, non ancora fisicamente approdato sul Vecchio Continente; ma vorrei ricordare che per loro si mossero “solo” 15.000 persone a fronte delle 150.000 del 1969, credo per l’effetto Woodstock, di soli dieci giorni prima e soprattutto per la presenza di Bob Dylan che da più di tre anni non si esibiva in pubblico. Rinunciò a Woodstock proprio per Wight! 

L’apoteosi, probabilmente come conseguenza del successo di Woodstock del 1969, fu raggiunta con l’edizione del 1970, anticipata di qualche giorno rispetto alle precedenti…

Effetto anche di Wight 1969. Fatto sta che dal 26 al 30 agosto si tenne quello che viene comunque ricordato come il miglior festival rock di ogni tempo, con una presenza di giovani raddoppiata o triplicata secondo le stime. I tanti hippy parteciparono grazie a un’offerta vasta e variegata, che di fatto comprendeva tutti gli stili del pop e del rock, nonché il folk e il jazz. E poi, anche se magari all’epoca nessuno se lo immaginava, furono le ultime esibizioni di Jimi Hendrix e di Jim Morrison.

La presenza di oltre mezzo milione di persone, come per Woodstock fu devastante…

All’epoca l’organizzazione era tutta da inventare, per il fatto che il numero di spettatori nei tre casi, aumentando enormemente, andò oltre le più rosee previsioni, creando problemi gestionali sulla vendita dei biglietti, che per Woodstock e Wight 1970 fu dimezzata, per colpa dei contestatori che, sfondando le recinzioni, si godettero la musica gratis.

Perché economicamente il festival fu un disastro?

Woodstock riuscì a coprire i debiti grazie al film, che fu un successo planetario. Per Wight il lungometraggio fu bloccato per svariate ragioni e uscì solo nel 2003. E poi l’edizione 1971, che avrebbe dovuto recuperare le perdite dell’anno precedente, non si tenne, perché fu varata una legge nazionale che vietava gli assembramenti a Wight e luoghi simili: legge rimasta in vigore fino al 2001. 

Nel 2002 il festival è stato riproposto. Perché? 

C’era l’esigenza di tornare in un luogo mitico dopo un lungo periodo in cui la musica dei giovani ha subito grossi mutamenti. E forse, indirettamente, c’era il desiderio di rispondere ancora una volta a Woodstock, che aveva celebrato i 25 e i 30 anni dell’evento con due memorabili edizioni Woodstock94 e Woodstock99, che non erano reunion nostalgiche ma un mix tra passato, presente e futuro, con tanti nuovi musicisti. E così sarà per Wight dal 2002 a oggi, ininterrottamente, con la sola eccezione del 2020 sospesa per il Covid.

Con quali riscontri si sono svolte le edizioni di Wight dal 2002 al 2023?

Ottimi riscontri: ogni volta una media di 50/70.000 spettatori, ripartiti in 3/4 giorni di eventi simultanei con molti dj set. Queste nuove edizioni reiterano lo spirito delle prime tre ‘storiche’ nel senso che sul palco si alternano esponenti di ogni genere pop-rock (anche rap e techno), con un occhio di riguardo alla storia del rock, invitando “artisti d’epoca” o riunendo – spesso nella formazione originaria –  band da tempo scioltesi. 

Cosa è rimasto e cosa è ritornato della cultura hippy?

Nulla o quasi, tranne qualche vecchio fricchettone. Cambiano i tempi, la società si trasforma e anche i giovani si diversificano, non solo dai loro padri ma anche dai fratelli maggiori. Basti pensare che già nel 1977 gli adolescenti del punk rifiutavano il mondo hippy. E le successive svolte giovanili con il rap o il rave propongono stili di vita lontani dall’utopia rivoluzionaria sessantottina, che forse è stata l’ultima a “pensare positivo” rispetto a tutto il nichilismo presente oggi.

Infine, si può parlare di ‘poesia’ dell’isola di Wight per le prime tre edizioni?

Direi di sì, per quel sogno giovanile che in fondo non si è mai realizzato; un po’ come la poesia è spesso puro sentimento onirico.