“Legione Straniera” di Domenico Vecchioni- Recensione di Narrare di Storia
15 Marzo 2024

Il nome “Legione straniera” è uno di quei pochi nomi dotati di un potere evocativo pressoché trasversale verso diverse categorie: cinefili, appassionati di Storia, amanti dell’avventura e molti altri. La vulgata popolare vede la Legione Straniera come una sorta di luogo semi-mitico in cui a chiunque, a prescindere da etnia, nazionalità e passato anche criminale, viene concessa una seconda patria e, in sostanza, una seconda opportunità. La Legione, dunque, come un “mondo” estraniato dal mondo ma decisamente coinvolto dalle vicende del mondo e dotato delle proprie regole e dei propri riti.

Quanto c’è di vero in questa visione? A rispondere è il libro di Domenico Vecchioni, ex-ambasciatore italiano e ora divulgatore di storia. Come è giusto che sia, l’introduzione parte con il famoso episodio di Camarón (o Camerone), che è il mito fondativo della Legione (30 aprile 1863). In questo episodio bellico – la resistenza di una compagnia legionaria di 65 uomini, impegnata nella difesa di un convoglio, contro una forza messicana preponderante di quasi 3000 uomini – della sfortunata spedizione francese in Messico, c’è tutto ciò che costituisce il concetto stesso di “Legione straniera”: l’ambientazione esotica o coloniale, comunque esterna rispetto all’Europa; la resistenza eroica di un pugno di uomini contro un nemico superiore; il beau geste, ovvero il gesto eroico e romantico di un commilitone verso l’altro al prezzo della vita (un soldato semplice che salvò la vita di un superiore). La Legione resistette per un’intera giornata e il pugno di sopravvissuti, infine, ottenne salva la vita dagli ammirati messicani.

Camerone fornì, oltre al mito, persino una “reliquia”. Il capitano Jean Danjou, che comandava la colonna francese, morì in combattimento, ma la sua mano di legno – una protesi che egli doveva usare da una decina d’anni – venne salvata e divenne da allora l’oggetto più venerato dell’esercito francese: il più alto onore per un legionario è essere custode di questa reliquia che, nel giorno della festa della Legione (il 30 aprile, in ricordo appunto di Camerone), sfila assieme al resto del reparto.

L’autore, dopo questa introduzione, ci guida nella storia della Legione straniera, che nasce qualche anno prima i fatti del Messico. La Francia iniziò prima di molti altri paesi la corsa coloniale in Africa: l’Algeria fu il suo primo scenario, dove re Carlo X e poi il successore Luigi Filippo d’Orléans volle indirizzare le energie del paese, umiliato dopo la fine dell’epopea napoleonica e scosso dai moti del 1830. La Legione aveva, sin dal suo decreto reale fondativo, due particolarità: l’arruolamento dei ranghi inferiori da effettuarsi tra elementi stranieri (tedeschi, italiani e polacchi furono preponderanti, ma molti furono i francesi che si dichiaravano belgi) e il non utilizzo su suolo francese. Ciò rispondeva all’esigenza di avere un corpo professionistico e permanente da impiegare nelle scomode e lontane terre al di là dell’Oceano o del Mediterraneo. Un corpo, che come detto, costituiva un mondo a sé e per i suoi componenti una seconda patria; la quale patria, a sua volta, era però a servizio esclusivo della Francia e degli interessi francesi.

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