LA MIA VITA DA NUMERO 10 - Datasport
11 Aprile 2024

La prefazione per uno come Evaristo Beccalossi, tra i numeri dieci più talentuosi del calcio, non poteva farla che un musicista, qual’è Enrico Ruggeri, suo amico da sempre. Percorrendo strade diverse eppure parallele, che si sono incrociate nel 1979, solo ieri e nello stesso tempo il passato remoto. Mantenendo stretta l’amicizia che non mette mai i capelli bianchi, semmai invecchiando migliora il rapporto. Il 1979 fu per l’allora giovanotto, proveniente dal Brescia, la sua città natale dove era nato il 12 maggio 1956, quello dell’esplosione in tutti i sensi. L’esordio con l’Inter e la prima trasferta in Cina, volando per trentadue ore e cinque scali, un incubo totale. Scende in campo e dopo sette minuti contro la nazionale cinese, il nuovo acquisto si accascia a pancia sotto sul prato, incapace di rialzarsi. Diagnosi del medico sociale: fegato intossicato. Motivo del guaio: aver bevuto troppo liquido gelato, scoprendo più tardi che l’acqua ingurgitata era quella piovana. Una vera beffa, per uno che aveva una tale paura di volare al punto che due anni prima, aveva rinunciato a giocare nella nazionale militare, dovendo andare ad Algeri e tantomeno arrivare in Sardegna in elicottero. Emblematico il titolo della Gazzetta dello sport, sulla trasferta-esordio nella terra dell’ex Celeste Impero: “Presentato il nuovo acquisto Evaristo Beccalossi, ma non pervenuto”. Comunque ci voleva ben altro per fermare l’ascesa di questo purosangue, cresciuto all’ombra dell’oratorio Domenico Savio, a due passi da casa, tirando calci al pallone contro il muro, fino all’esaurimento delle energie che sembravano inesauribili. Non solo, vedendo Sivori palleggiare con entrambi i piedi, decise di imitarlo e ci riuscì benissimo. Una cotta in piena regola, dopo quella del ciclismo, il primo amore assoluto. Rimasto nel cuore anche se da spettatore. Puledro imprevedibile al punto che i compagni di squadra, si chiedevano prima delle partite, se avessero giocato in dodici, col Becca in giornata, oppure in dieci. In ogni modo, un talento che ha lasciato il segno e come tutti i purosangue, aveva l’allergia a ciò che riguardava la preparazione atletica. La corsa in particolare risultava una medicina da evitare accuratamente, ricorrendo anche a sotterfugi. Non sempre riusciti. Il libro, diviso in dieci capitoli, fa conoscere l’uomo oltre al calciatore, gli amici e i compagni di squadra. Su questa direttrice è un collega generoso di elogi per tutti. Da Ivano Bordon a Giuseppe Baresì, Giancarlo Pasinato e Gabriele Oriali che lo indica il meglio dell’essenza dell’Inter e uomo di successo anche dopo avere appeso le scarpette al chiodo. Per Alessandro Altobelli il suo gemello in campo, solo commenti positivi. Legati dall’alchimia che giocando insieme massimalizzano il rendimento. Non si esime dall’esprimere il proprio giudizio nel paragone tra i campioni della sua epoca e quelli odierni. Cosa è cambiato? Oggi guadagnano molto, molto di più. I campioni degli anni ’70-’80 in fondo non di discostavano troppo dalla media di chi pensava al futuro, senza ostentare in eccesso uno stato sociale privilegiato. C’erano le eccezioni, ricorda che Chinaglia girava a Roma con la Jaguar e Causio a Torino sulla Porsche. Per contro, l’allenatore Osvaldo Bagnoli uno dei più bravi tecnici italiani, quando guidava il Verona, campione d’Italia 1985, arrivava al campo guidando una Fiat 128. Da bresciano doc, la città che ha inventato la Mille Miglia, adorava e adora le auto veloci, e segue con grande interesse la F1. Ha conosciuto Villeneuve restando affascinato dalla spontaneità del grande pilota. Non solo, Gilles lo fece salire sulla sua 312T4 ed ebbe modo di parlare, “ebbi l’udienza” precisa, con Enzo Ferrari, che lo portò a visitare l’officina di Maranello che definisce un negozio di Cartier. Si sofferma anche su un tema tra realtà e fantasia: il calcio e la superstizione. A giudizio di Beccalossi nessuno, calciatori o allenatori, ne sono esenti. Ricorda che Bersellini suo allenatore per anni, definito ‘il sergente di ferro’, costringeva la moglie ad ogni vigilia della partita a trovare un quadrifoglio nel verde dei campi di Appiano Gentile. Sul piano personale, una volta su una strada solitaria a Campitello Matese, incrocia un gatto nero e resta due ore fermo, in attesa di una vettura che lo superi. Parla dei ritiri, in cui prevaleva la noia totale. I quegli anni non erano ancora stati scoperti i cellulari, ma soprattutto smartphone e Playstation, i giocattoli che hanno schiavizzato il mondo. Mi fermo qui, anche se pagina dopo pagina, questo Beccalossi è un pozzo infinito di aneddoti e curiosità che racconta con assoluta freschezza. Sia da calciatore che di tutto il resto da ex, dove non si è fatto mancare nulla. Leggere per credere e mi darete ragione.

Giuliano Orlando

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