I tanti volti del pittore fiammingo Hieromymus Bosch svelati dallo studioso Massimo Centini - Storie Piemontesi
13 Ottobre 2025

Hieronymus Bosch Bosch (1453-1516) è per certi aspetti misterioso, la sua biografia, le scelte tematiche di una parte rilevante della sua opera, oltre all’impostazione formale che trasversalmente ne caratterizza la poetica, convivono in una sorta di osmosi paradossale, ancora non chiarita nelle sue fitte trame. Figlio del religiosissimo Brabante, è contrassegnato dallo stridore prodotto dal contrastato tra l’assolutezza dell’arte e le contingenze biografiche. Il pittore ha riversato nelle sue opere un dolore, una tragedia che non sembrerebbero averne però travolto la vita, quella di un buon cattolico, agiato, tutto casa, bottega e confraternita di Nostra Signora, di cui fu uno dei principali e tra i più munifici esponenti. Eppure in numerose delle sue opere certe e in quelle attribuite, vi è un brulicante universo di mostruosità, di soggetti e ambienti che hanno fatto spendere fiumi di inchiostro per sorreggere correlazioni con il satanismo, l’alchimia, la magia nera e l’eresia. Su questi temi ha indagato Massimo Centini nel bel libro Hieronymus Bosch. Il pittore e il diavolo, edito da Diarkos

Una biografia che anno dopo anno, avvenimento dopo avvenimento, ci racconta le tante facce di Bosch. Forse un visionario. Certo sarebbe molto interessante riuscire a risalire all’origine di queste visioni: psicotiche? Indotte da prodotti allucinogeni? Ergotismo? Qualunque sia la loro origine è certo che hanno fatto di lui un surrealista ante litteram. Sul piano stilistico ebbe un ruolo predominante, verrebbe da pensare, la sua competenza di miniaturista, ma su quello delle scelte tematiche il discorso si complica. Quali ancoraggi trovare per l’universo dipinto del “Trittico delle delizie”, o nelle “Tentazioni”, o nella “Barca dei pazzi” o ancora nel “Carro del fieno”, in cui la tragedie si maschera con l’ironia?

La sconcertante dialettica che si sorregge sull’inestinta lotta tra il bene e il male, si conforma con l’ausilio di un apparato simbolico infinito proveniente dai bestiari, dagli erbari, dalle raccolte di minerali e fossili, dalle mostruosità inglobate nel linguaggio figurativo che dal mondo antico giungono alla miniatura medievale, trovando la propria apoteosi nella scultura romanico-gotica. Il ricorso al mostruoso non cede all’orrorifico di un Grünewald, ma viene controbilanciato dalla continua presenza della bellezza, anche quando è ambigua, mascherata e con il ruolo di adulare attraverso le illusioni offerte dalla tentazione.

Senza dubbio Bosch ha influenzato numerosi artisti a lui vicini nel tempo, ma poi, via via, l’eco della sua creatività, come ambrosia, ha alimentato la fantasia di pittori che non hanno saputo sottrarsi al fascino dell’artista di s’-Hertogenbosch. Il retaggio di Hieronymus è evidente, citando i più noti, in Pieter Bruegel il Vecchio, in Giuseppe Arcimboldo e poi avanti fino ai surrealisti.

Massimo Centini, Hieronymus Bosch. Il pittore e il diavolo, Diarkos, pag, 320, Euro 19,00

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